Cosa vogliono le Acli? Continuare a fare le Acli

A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II una associazione come le Acli continua ad essere chiamata, in modalità nuove, a formare generazioni di credenti capaci di farsi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo nella laicità dell’impegno nella storia e nella società.

La missione indicata dalla Lumen Gentium è esigente anche nel nostro tempo in cui al culto del Dio che è “Caritas” sembra prevalere l’idolatria del profitto che rende pochissimi sempre più ricchi e scava crescenti diseguaglianze sociali; in cui scarseggiano i testimoni della pienezza dei tempi e si tende a considerare come immutabile ciò a cui invece resta poco tempo; in cui il servizio e il sacrificio di sé non paiono costituire la cifra prevalente dell’esercizio del potere snaturato invece dall’egoismo personale e di gruppo.

Le Acli sentono vivo l’invito della Gaudium et Spes a “scrutare i segni dei tempi”, sapendo che i segni del tempo attuale sono diversi da quelli degli anni Sessanta del secolo scorso. Alle prospettive di sviluppo di allora si è sostituita l’attuale incertezza sul futuro. Le Acli sono chiamate a stare dentro alle devastazioni economiche e sociali prodotte dalla più grande crisi finanziaria della storia ed a cercare prospettive di speranza e di cambiamento in un presente fatto di forte riduzione delle opportunità di lavoro e di deindustrializzazione, di impoverimento dei ceti medi e lavoratori, di progressivo smantellamento dello stato sociale e di aumento vistoso delle disuguaglianze. Le Acli hanno di fronte un compito specifico che è quello di vigilare su come l’effetto di questi processi, e delle politiche messe in atto per contrastarli, impatta sul territorio da cui partire per delineare orientamenti e proposte in campo sociale, economico e politico.

L’attuale fase elettorale ha messo in risalto soprattutto un ritrovato protagonismo delle Acli, costituito anche dalla disponibilità alle candidature di molti nostri associati nelle varie formazioni politiche ed a tutti i livelli istituzionali i cui organi sono in scadenza in questi mesi. Questo rappresenta senz’altro un dato positivo, indice di una capacità formativa dell’Associazione. Ma ciò che è più importante è che l’Associazione continui a lavorare nell’ambito che più gli è proprio: i temi del lavoro e del welfare come presupposto e strumento di democrazia, coniugati però non in modo astratto e generico ma secondo le concrete esigenze delle classi subalterne, dei ceti popolari e lavoratori. È questo che rende l’Associazione una genuina realtà sociale capace di collaborare con tutti e nel contempo non influenzabile né manovrabile dall’esterno secondo disegni che non siano esplicitati e condivisi nei propri organismi democratici.

La dimensione popolare delle Acli è ciò che permette una lettura attenta delle nuove emergenze sociali, resa possibile anche attraverso una migliore integrazione di sistema. Dall’analisi dei dati di cui dispongono i nostri servizi è possibile rintracciare quegli indicatori economici e sociali sulla condizione di vita delle famiglie, dei lavoratori, dei pensionati e dei soggetti più deboli che necessitano di intervento. È possibile, per questa via, formulare delle proposte, contribuire in modo significativo al dibattito pubblico a tutti i livelli. È questa la “politicità” delle Acli che si costruisce nella quotidianità e sul territorio. Una politicità che andrà rilanciata ed arricchita, soprattutto dopo l’attuale fase elettorale, se vogliamo essere sempre di più interlocutori significativi per i partiti, le istituzioni, le altre realtà sociali.

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