Il Concilio chiede ai cristiani di non delegare la ricerca del bene comune

Le vicende di queste ultime settimane, relative a numerosi episodi di mala-ammistrazione della “res pubblica”, continuano a turbare ed agitare gli animi di molti italiani. Anche alcuni politici, che si richiamano ai valori della Dottrina Sociale della Chiesa, sembrano non essere esenti da questo comportamento che viene fatto risalire ai compensi, ai rimborsi, ai vitalizi, alle collaborazioni esterne ed agli appalti concessi senza gara. Al malcostume della classe politica, che ormai si ritiene un ceto o meglio una casta, i cattolici devono reagire con determinazione contribuendo a favorire, nelle istituzioni, una legislazione più rigida e restrittiva nei confronti dei reati contro la pubblica amministrazione ma anche e soprattutto collaborando all’elaborazione di una cultura che indirizzi al bene comune e difenda la tutela dei diritti dei più deboli. La Gaudium et Spes al numero 75 ci esorta in tal senso: ”Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d’esempio, sviluppando in sé stessi il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possono armonizzarsi l’autorità e la libertà, l’iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, l’opportuna unità e la proficua diversità”. Di questi tempi sono ancora parole di grande insegnamento che ci obbligano ad essere testimoni nei fatti di una politica che si fa carico dei problemi di tutti ed attraverso una sapiente opera di mediazione sa concretizzarsi nel bene comune. Di conseguenza, la formazione delle coscienze dei cattolici è un’attività di primaria importanza che nella chiesa ambrosiana è stata esplicitata efficacemente nelle parole di Sua Eminenza card. Angelo Scola durante la lezione di apertura delle scuole diocesane di formazione socio politica: ” necessità di una nuova cultura della politica, in cui possano formarsi soggetti sociali capaci di vita buona e di amicizia civica, necessarie nell’odierna società plurale”. L’elaborazione di una nuova cultura politica, alla quale siamo chiamati, si realizza attraverso dei percorsi nei quali i cattolici sono capaci di offrire esperienze ed indicazioni riguardo alle problematiche della società odierna. Mi permetto di offrire alla riflessione tre tematiche:

Questione etica. La questione non riguarda solo la politica, è ben più profonda. Penso che possa riguardare la società intera dove si registra un deficit di etica perché ognuno cerca di delegare agli altri le maggiori difficoltà o dove ognuno applica le regole a propria discrezione. C’è bisogno di una reazione diffusa che nasca dalla consapevolezza che un Paese ed una comunità sono tali solo se si reggono su una coesione di fondo. Solo se alla base vi è un sistema di regole condivise nel quale si conviene ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è lecito e ciò che è illecito. Credo che si debba riflettere molto su questa realtà che sta alla base dei nostri comportamenti. Un altro aspetto della problematica riguarda anche la dinamica di un mercato finanziario globale in cui conta solo ed esclusivamente il profitto, sia dei manager delle imprese che ricevono compensi equivalenti a centinaia di loro dipendenti sia degli azionisti che pretendono alti ritorni ai loro investimenti.

Questione lavoro. Il calo del PIL in questi anni è un indicatore del momento che stiamo attraversando. Si tratta di una recessione con elementi più drammatici di quella del 1929. Le misure adottate dal governo se da una parte ci hanno restituito credibilità sui mercati internazionali, dall’altra non ci hanno ancora consentito di crescere. A questo si aggiunge la crescita di una disoccupazione che solo in quella giovanile ha raggiunto il 34 %. Vi è dunque la necessità di tutelare chi all’interno vive di situazioni di precariato e di ampliare le opportunità di lavoro giovanile anche attraverso nuove forme di economia civile e sociale.

Questione welfare. La crisi globale ha determinato una trasformazione del welfare negli stati occidentali, riducendone la presenza in molti settori e scaricando sulle famiglie i costi derivanti dall’assenza. A questo si è unita una miopia del sistema paese nel tutelare una ricchezza che aiuta: l’economia sociale e civile. Il governo Monti, che già si era contraddistinto per la chiusura dell’Agenzia per le Onlus, vorrebbe continuare a ridurre, attraverso aumenti di oneri fiscali, lo spazio d’azione di tanti soggetti che operano nel no-profit.

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