Prossima legislatura: governo Monti e intesa Pd-Udc

 Con una crisi di cui pare ancora lontana l’uscita e con la necessità per il Paese di avviare tutta una serie di complesse riforme per avviare la crescita e salvaguardare l’equità sociale, nella prossima legislatura servirà un governo forte e credibile come mai è stato necessario in passato. Non possiamo infatti permetterci di perdere altro tempo. Si tratta di sfruttare questi ultimi sei mesi prima delle elezioni e di impostare, sin da ora, un progetto per i prossimi cinque anni.

L’agenda delle cose da fare è piena zeppa. Intanto bisognerà riscrivere il Titolo V della Costituzione, troppo frettolosamente approvato nel 2001, per far rientrare sotto la potestà statale alcune materie oggi inserite tra quelle a competenza concorrente e per istituire più penetranti controlli sull’operato delle autonomie locali. Saranno poi da riprendere, senza stravolgere il nostro modello parlamentare, le riforme istituzionali, superando il bicameralismo perfetto e prevedendo il potere di nomina e revoca dei ministri in capo al presidente del Consiglio. E tutto ciò per non parlare della legge elettorale che speriamo venga modificata nelle prossime settimane, evitandoci di tornare a votare con l’orribile porcellum. Sistema elettorale a parte, di cui è evidente l’urgenza di un suo rapido cambiamento, le nuove regole sul federalismo e le riforme istituzionali potranno venire affrontare solo nella prossima legislatura.

Anche la fiscalità richiede un robusto intervento. Va introdotta un’imposta patrimoniale, così da integrare la tassazione sul reddito e permettere di alleggerire le aliquote delle fasce reddituali più modeste. Impellente è altresì la tassazione delle transazioni finanziarie per reperire ingenti risorse da investire poi nella scuola, nella ricerca e nelle infrastrutture. Bisogna poi avere il coraggio, utilizzando le risorse provenienti dalla patrimoniale e dal recupero dell’evasione, di introdurre nel nostro fisco alcuni elementi che tengano conto dei carichi familiari. Non è infatti pensabile svolgere un’autentica politica della famiglia, senza collegare il peso dei tributi ad una capacità contributiva connessa al numero dei componenti familiari. Più che il quoziente, adottato in Francia, che agevola maggiormente i redditi più elevati, la formula più idonea è il fattore famiglia che, lo ricordiamo, rappresenta una somma fissa annua per ciascun figlio da scalare dall’imponibile. Una somma adeguata alle reali spese sostenute, stimabili in circa 6-7mila euro annui per il primo figlio, 10-11 mila euro per due figli e così via. Un percorso che, per la sua complessità, potrà certo richiedere una fase di sperimentazione, ma che è tempo di iniziare.

In campo energetico, ricordando che il costo dell’energia è una delle strozzature del nostro sistema produttivo, va adottato il piano recentemente presentato dal Governo, con tutta una serie di ricadute sul complesso dei nostri approvvigionamenti, sulle fonti rinnovabili, sul risparmio energetico come volano di nuovo sviluppo tecnologico.

Un altro punto è quello del salario minimo per legge, in attuazione al disposto costituzionale (art. 36) su un reddito dignitoso. Qualcosa che esiste in parecchi altri Paesi europei e che stabilisce una soglia al di sotto della quale non si possa scendere. Ciò avrebbe l’effetto di rivitalizzare i consumi e riavviare una ripresa che oggi è in sofferenza proprio dal lato della domanda, a causa delle diseguaglianze economiche che hanno penalizzato i redditi più bassi.

Ma nell’agenda c’è ancora dell’altro, basti pensare alla necessità di una maggior efficienza della pubblica amministrazione, ad una più celere giustizia civile, a migliori strumenti contro la corruzione, a nuove liberalizzazioni per togliere privilegi e rendite di posizione. Ci sono insomma molte cose da fare nell’Italia dei prossimi cinque anni, e molte di esse richiederanno, sempre più, un confronto in sede europea, poiché sarà nella dimensione sovranazionale che si dovranno prendere molte decisioni.

Per questo occorrerà un governo di forte caratura, capace di mantenere la rotta dinanzi ai marosi della crisi e dare una prospettiva al Paese. E a ben vedere, la miglior carta per affrontare, con la necessaria credibilità, una fase politica tanto complessa è proseguire l’esperienza Monti, ampliandone ovviamente gli orizzonti nel segno di una più coraggiosa equità sociale.

L’Italia ha più che mai necessità di un governo guidato dal Professore per l’intera prossima legislatura. Un esecutivo Monti appoggiato da quelle forze riformiste e moderate che responsabilmente vogliono lavorare per l’avvenire del Paese, in un quadro politico capace finalmente di far incontrare il mondo del lavoro e la borghesia produttiva.

Prima di chiunque altro, Pd e Udc dovrebbero sentire come proprio questo richiamo, che è innanzi tutto disponibilità a mettersi al servizio del Paese, puntando, sin da subito, su questa prospettiva. Una solida alleanza in grado di convincere gli elettori e respingere qualsiasi velleità populista di destra o di sinistra.

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