Una speranza per le persone in stato vegetativo

Perché mi nascondi il tuo volto?” è l’interrogativo che ingenuamente rivolgono i parenti e gli amici ai loro cari, a coloro che sono avvolti dal silenzio, che non parlano, non esprimono, e nulla dicono. Silenzio ricco di mistero, profondamente enigmatico, che spinge a protestare, interroga su un mondo fatto di assenze e di inspiegabili mutismi. Lo stato vegetativo ci costringe ad esplorare il significato pieno ed ultimo della nostra esistenza, appare come un mondo fatto di piccolissime cose, a volte da battiti di ciglia, di smorfie insignificanti. Assenza che cela spesso una comunicazione telepatica o fantastica fra chi vegeta e chi è sveglio. Domina il dubbio e il punto interrogativo governa prepotentemente tutte le ipotesi scientifiche ed etiche. La certezza è quella che non sappiamo cosa ci sia “oltre il silenzio”. Siamo consolati dalla testimonianza e dal coraggio di chi ha deciso di varcare questa soglia, la “soglia del silenzio”.

Il filosofo Massimo Reichlin, dell’Università san Raffaele di Milano, nel corso di un recente convegno promosso dalla Caritas di Monza in collaborazione con la Facoltà di Medicina dell’Università Bicocca, ha spiegato cosa significhi lo stato vegetativo. E’ anzitutto uno stato di mancanza di coscienza, la persona in stato vegetativo non è sveglia e non reagisce agli stimoli esterni. Alcuni studi scientifici, però, ha precisato Reichlin, hanno dimostrato che possono coesistere stato vegetativo del fisico con coscienza vigile o semi vigile. E’ il caso di colui che ha dettato un intero libro con il battito di ciglia. Circa il 15 % delle persone in stato vegetativo mostra che la coscienza non è spenta. Questa percentuale è il risultato di un’ indagine scientifica condotta in Inghilterra su un gruppo di pazienti e di volontari sani. Ad entrambi i gruppi è stato chiesto di simulare il gioco del tennis e di sottoporsi nel contempo a risonanza magnetica. Ebbene proprio il 15% dei pazienti ha mostrato una reazione celebrale simile a quella delle persone sane. Reichlin si è chiesto quale sia, allora, il concetto di persona in caso di stato vegetativo, se siamo in grado di dire che sia ancora un individuo portatore di diritti e doveri. La persona in stato vegetativo ha diritto alla protezione della propria dignità, diritto, il cui esercizio, è per forza delegato al buon senso di medici e parenti.

Il dottor Alfredo Anzani medico e membro del Comitato bioetico del San Raffaele, ha parlato di testamento biologico. Anzitutto ha spiegato che il testamento biologico è un’espressione inadeguata perché la legge ha preferito l’espressione dichiarazione anticipata di trattamento che non rappresenta una volontà vincolante per medici e parenti, bensì un orientamento dell’individuo che in ogni caso non potrà esser in contrasto con la legge e con la deontologia del medico. “La parola testamento – afferma Anzani – non è quella giusta, perché con essa si intende la facoltà di disporre di una cosa che si possiede e che si vuole donare ad altra persona o ad altra istituzione. La vita è un dono indisponibile: la vita non è una cosa qualsiasi, un semplice oggetto che si possiede e di cui si può disporre liberamente a proprio piacimento. La vita è un dono: non la si è potuta scegliere all’origine e non la si può conseguentemente rifiutare al termine.” La DTA (dichiarazione anticipata di trattamento) è un documento con il quale una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato. Come detto, secondo la nostra legislazione, la DAT non può in alcun caso condurre all’eutanasia. Dopo aver sintetizzato le diverse posizioni politiche in materia, Anzani ha detto no all’eutanasia operchè in nessun caso può esser inteso come diritto civile. Anzani ha concluso con l’elogio alla saggezza: nelle fasi finali della vita serve intelligenza e senso di responsabilità anzitutto da parte del medico. Questo momento è momento misterioso ed inesplorato per tutti. “Il confine tra rifiuto dell’accanimento terapeutico e l’abbandono del malato – sostiene Anzani- è molto sottile ed è affidato alle intenzioni del paziente e del medico. Dipende dal rapporto tra tecnica usata e intenzione perseguita nell’usarla. Intelligenza, ci vuole, questo è il rispetto della voce umana confidente … Io sono medico e per noi medici la cura è il canale permanente di un colloquio che ha i suoi sussulti, le sue intermittenze apparenti, ma che non può mai dismettere la sintassi dell’amore”.

Infine Roberto Mauri, presidente della Meridiana, una cooperativa che da anni opera a Monza a favore degli anziani e delle persone in stato vegetativo, ha presentato il Progetto Slancio che prevede la costruzione a Monza di una casa di accoglienza per pazienti in stato vegetativo, casa che sarà attrezzata per offrire il massimo confort possibile a queste persone e ai loro famigliari. Un progetto che rappresenta una sfida non solo economica, considerati i costi prossimi ai nove milioni di euro, ma anche sociale perché invita le istituzioni, il territorio i cittadini a sentirsi vicini alle persone coinvolte dalla malattie vegetative. Un accenno anche al caso di Eluana. Ai tempi delle polemiche e delle aspre divisioni i giornalisti avevano chiesto un parere ai promotori del progetto Slancio. Mauri ha confermato che la scelta di non prendere posizione si è rivelata saggia ed appropriata. Sono situazione talmente delicate e personali che non è possibile esprimere un parere.

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