Da Todi idee per un nuovo bipolarismo

Il prossimo seminario di Todi del Forum delle associazioni del mondo del lavoro ha suscitato eccessivi timori ed eccessive attese.
È palesemente una lettura infondata quella di chi sostiene che a Todi si facciano le prove generali per il lancio di un nuovo partito di ispirazione cristiana, per una nuova unità politica dei cattolici.
Nel contesto attuale non ha nessun senso e nessun fondamento parlare di rifare la Democrazia Cristiana.
Il pluralismo, legittimo e responsabile, dei cattolici in politica è ormai un valore consolidato e non c’è motivo per metterlo in discussione. Se si accetta questo, però occorre anche accettare che hanno pari dignità sia le scelte di quei cattolici che hanno scelto i partiti della destra o della sinistra, sia le scelte di quei cattolici che, insieme ad altre componenti e culture politiche, intendono costruire una loro autonoma proposta politica di centro.

Ma l’appuntamento di Todi corre il grosso rischio di deludere le attese se non si dimostrerà all’altezza delle sfide che ci sono nel Paese.
O il Forum delle associazioni del mondo del lavoro saprà dare sostanza e spessore progettuale alle intuizioni e agli orientamenti già espressi a luglio nel “Manifesto per la buona politica”, oppure rischia di ridursi all’ennesimo simposio accademico sui mali della politica e del Paese, o se va bene, ad un approfondimento dei temi della scorsa Settimana sociale.
Nella dialettica politica però non si può sempre stare sulle generali: le grandi analisi di scenario necessitano di essere tradotte in orientamenti politici precisi e puntuali, altrimenti si dimostra di esser privi di iniziativa.

Le associazioni promotrici del seminario di Todi e l’intero mondo cattolico hanno, in questo momento di transizione, la massima attenzione dell’opinione pubblica: per questo dovranno dimostrare di essere capaci di offrire un contributo progettuale per il bene del Paese, che guardi agli interessi generali, al bene comune, ben oltre i meri interessi di bottega o di parte, fossero anche quelli cattolici.

E le sfide sono essenzialmente di due tipi: una è di ordine politico e istituzionale, l’altra è di ordine sociale ed economico.

Sul piano politico ci si attende che i soggetti presenti a Todi esprimano una loro lettura e facciano un loro bilancio di questa seconda repubblica. Diciotto anni di sistemi elettorali maggioritari spinti, a tutti i livelli istituzionali, sono più che sufficienti per formulare un giudizio.
E se per caso, come credo che sia, i danni arrecati al Paese dal maggioritario risultassero ben maggiori dei pochi benefici, allora si porrà all’ordine del giorno la discussione di come pensare ad un nuovo bipolarismo, libero dall’ipoteca del maggioritario, e sostenuto da una nuova legge elettorale di tipo proporzionale.
Bisogna prendere atto che questo maggioritario è finito e che va archiviato sia a livello nazionale che a livello locale. Solo in questo modo possiamo pensare di salvare il bipolarismo, un bipolarismo politico, espressione degli orientamenti dell’elettorato, un nuovo bipolarismo ad alto tasso di rappresentanza dei ceti lavoratori e popolari.
Abbiamo avuto in questi anni un bipolarismo forzoso e bloccato, costruito su misura della destra populista e che però tanto è piaciuto anche alla sinistra.
La sinistra, infatti, ha commesso un errore di valutazione madornale affidandosi al maggioritario nella convinzione che i voti che le mancano per uscire dalla sua storica condizione di minorità nel Paese le sarebbero stati “regalati” dal maggioritario. Invece è avvenuto che, eliminato il centro, l’elettorato costretto ad una drastica polarizzazione, si orienta a destra. Ed è per questo che abbiamo avuto il ventennio berlusconiano. Solo il maggioritario lo ha reso possibile. Senza questo maggioritario Berlusconi sarebbe stato poco più di una meteora nella politica italiana.
Per queste ragioni credo che il seminario di Todi si dimostrerà all’altezza delle attese solo se sarà capace di offrire un contributo al superamento di questa seconda repubblica ed all’apertura di una nuova fase della storia repubblicana.
Una nuova fase che dovrà fondarsi su un nuovo sistema elettorale di tipo proporzionale, come già afferma il Manifesto per la buona politica. Solo così i ceti medi e i ceti lavoratori potranno riacquistare una loro adeguata capacità di rappresentanza, proprio in una fase che li vede soccombere di fronte alla crisi e decadere rapidamente verso il rischio di povertà.
Bisogna ridare facoltà di scelta agli elettori, facendoli scegliere i candidati ma anche le coalizioni. Non si può già sapere prima del voto quali saranno le coalizioni di governo, altrimenti il voto è inutile, il voto viene ridotto alla conferma dei sondaggi.
Ci vuole un sistema che favorisca l’apparentamento tra i partiti prima del voto ma che lasci decidere agli elettori, e non alle segreterie dei partiti, quali saranno le coalizioni più idonee a governare. Se una coalizione ottiene la maggioranza relativa è una follia, come succede ora, che possa governare senza estendere ulteriormente la propria coalizione nel senso indicato dagli elettori, ma solo in forza del premio di maggioranza che è di chiara ascendenza fascista.

Accanto a questo ci si aspetta dal seminario di Todi un contributo sull’ordinamento dello stato che vada oltre la demagogia dominate che identifica i costi delle istituzioni nei piccoli comuni, nelle comunità montane e nelle province e si dimostra invece incapace di vedere il neo-centralismo delle regioni, il pullulare di autorithy costose quanto inutili, che vengono istituite solo per ragioni ideologiche, per affermare la neutralità dello stato nei meccanismi di mercato, una neutralità che nella pratica si traduce in una abdicazione dello stato dal far valere le ragioni per le quali esiste e si giustifica, cioè le ragioni del bene comune, e si traduce in una discreta subordinazione dello stato ai grandi interessi dominanti.

Dal seminario di Todi ci si aspetta anche un contributo ad una nuova economia nella direzione della sostituzione della centralità del profitto immediato con la centralità della dignità della persona umana.
Si tratta di ritrovare un nuovo equilibrio tra capitalismo e democrazia, di invertire la rotta. Bisogna passare da un livellamento verso il basso, verso standard cinesi o cambogiani dei diritti del lavoro, ad estendere a tutti i lavoratori del mondo il diritto ad un giusto salario e alle tutele del lavoro.
I cattolici devono essere di stimolo all’intera società per realizzare quella coalizione mondiale per il lavoro decente, indicata dagli ultimi due pontefici, nel giubileo del lavoro del Duemila e nella Caritas in veritate.
In particolare il terzo settore rischia di rimanere stritolato dalla crisi. Mai come oggi va ribadito il valore della auto-organizzazione dei cittadini dal basso. Altrimenti la prospettiva è quella di una selezione darwiniana dei soggetti del terzo settore, di cui rischiano di sopravvivere solo più i soggetti più proni verso quelle campagne orchestrate da logge transnazionali o quelle realtà caritative finanziate da grandi gruppi economici e finanziari.
Ma in un simile scenario non ci sarà posto per la politicità dell’associazionismo. Dobbiamo evitare la riduzione a “crocerossine” della società dei cattolici e del terzo settore e non stancarci di rivendicare la nostra dimensione progettuale generale, e dunque politica.
Se da Todi verranno idee per un nuovo bipolarismo e per una nuova economia si potrà dire forse che i cattolici stanno  tornando significativi sulla scena politica e sociale del Paese proprio nel momento in cui è evidente a tutti il fallimento della seconda repubblica e una nuova fase si sta per aprire.

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