L’identità nazionale si rafforza con l’inclusione

I dati del dossier Caritas/Migrantes ci dicono di un Paese nel quale la presenza degli immigrati nell’ultimo decennio è triplicata. Siamo a un immigrato ogni 12 italiani. Sono poco meno di cinque milioni, contribuiscono alla produzione del Pil per l’11,1%, versano alle casse dello stato quasi 11 mld di contributi l’anno, incidono per circa il 10% sul totale dei lavoratori dipendenti ma sono sempre più attivi anche nel lavoro autonomo e imprenditoriale, dove riescono a creare nuove realtà aziendali anche in questa fase di crisi. La presenza straniera è particolarmente concentrata in Lombardia dove si è stabilito un quinto dei residenti stranieri in Italia e nel Lazio con poco più di un decimo.

Tra gli immigrati in Italia quasi un milione (932.675) sono minorenni. Oltre un ottavo dei residenti stranieri (572.720, 13%) è di seconda generazione, per lo più bambini e ragazzi nati in Italia, nei confronti dei quali l’aggettivo “straniero” è del tutto inappropriato, in quanto accomunati agli italiani dal luogo di nascita, di residenza, dalla lingua, dal sistema formativo e dal percorso di socializzazione. I figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5% sulla popolazione scolastica.

Basta scorgere questi dati per rendersi conto di quanto ormai i tempi siano maturi per una riforma della cittadinanza e per un maggiore coinvolgimento degli immigrati nella vita amministrativa.

La campagna, avviata da un folto gruppo associazioni della società civile come Acli e Arci, denominata “L’Italia sono anch’io”, vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e giungere, attraverso una raccolta di firme, alla presentazione di due proposte di legge di iniziativa popolare finalizzate a riformare la normativa sulla cittadinanza e riconoscere ai migranti il diritto di voto nelle consultazioni locali.

Gli obiettivi della campagna L’Italia sono anch’io riguardano prima di tutto una visione del Paese. Solo se si crede che l’Italia potrà continuare a garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali della salute, del lavoro, dell’istruzione, allora apparirà possibile rafforzare i diritti di cittadinanza di tutte le persone che vivono in Italia.

Riproporre la questione della cittadinanza nell’anno in cui si celebra il 150° anniversario dell’unità d’Italia significa riflettere sul senso del nostro essere una nazione.

Per questo la mobilitazione in favore del riconoscimento del diritto di voto amministrativo ai cittadini immigrati e le nuove norme sulla cittadinanza costituiscono innanzitutto, come sostiene il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero, una nuova pagina da aggiungere a quella autobiografia della nazione, che si è formata nell’antichità attraverso flussi migratori provenienti da tre diversi continenti; che è stata negli ultimi due secoli una nazione di emigranti; e che in parte sta tornando ad esserlo sotto i colpi della crisi attuale.

Per questo le nuove forme di estensione dei diritti di cittadinanza proposte da numerose associazioni, rappresentano soprattutto un gesto di amore verso la Patria, un gesto che esalta l’identità degli Italiani. Infatti, la questione della cittadinanza degli stranieri può essere considerata la chiave di lettura della nostra vicenda nazionale perché l’Italia è uno straordinario esempio storico di unità nelle differenze. Un laboratorio di cittadinanza progressivamente inclusiva.

 

Questa iniziativa ci aiuta a rivivere ed a ripensare il patto di cittadinanza come forma specifica dell’amore per la patria comune. La presenza degli immigrati va colta per il nostro modello di cittadinanza come una spinta a superarne limiti e incompiutezze.

Ma gli immigrati nella società italiana rappresentano soprattutto l’incarnazione di quella famiglia umana che non tollera separatezze e discriminazioni e la loro presenza contribuisce a generare quel processo in atto definito dall’Arcivescovo cardinal Angelo Scola, come “meticciato di civiltà”, un fenomeno che “come tutti i fatti storici, non chiede il permesso di accadere” e che quindi interpella tutti, sia coloro che – come noi – ne danno una lettura più positiva, sia coloro che ne evidenziano gli aspetti più problematici.

Ogni migrante”, ci ricorda Papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, “è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione” (§ 62).

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