Dal voto comunale un’occasione da sfruttare

La tornata elettorale del 3-4 ottobre scorsi ha smentito, soprattuttto nelle maggiori città chiamate al voto, la tendenza ad un più alto coinvolgimento degli elettori nel livello di governo più prossimo, quello municipale. Si è registrato uno storico livello di astensionismo che deve preoccupare tutti. E dai cui traggo lo spunto per quattro osservazioni.

Sindaci eletti al primo turno: Lepore (Bologna), Manfredi ((Napoli), Sala (Milano)

Per un bilancio definitivo del voto bisognerà aspettare l’esito dei ballottaggi che riguardano anche città importanti come Roma, Torino e Trieste. Nel primo turno si deve registrare il buon andamento del centrosinistra che ha ottenuto importanti vittorie a Milano, Napoli e Bologna, l’ottimo risultato del Partito Democratico, il netto ridimensionamento del Movimento Cinque Stelle e il crollo della destra sovranista e populista di Salvini e un risultato inferiore alle attese di Fratelli d’Italia, anche se il centrodestra ha poi reso meno pesante il bilancio con dei buoni risultati in altri capoluoghi e città di provincia. Ma il vero vincitore sembra essere soprattutto colui che non ha partecipato a questa competizione, ovvero il presidente del Consiglio Mario Draghi, che esce rafforzato da questa ulteriore dimostrazione dei limiti dei gruppi dirigenti dei partiti attuali.

Restando al centrosinistra, credo sarebbe un errore, pur con la comprensibile soddisfazione delle percentuali ottenute, indulgere al trionfalismo. Perché la realtà ci dice che non ha vinto chi ha convinto di più ma ha vinto chi è stato penalizzato di meno dalla valanga del non voto, che ha riguardato quasi la metà degli aventi diritto ed è stata più travolgente nei quartieri periferici. Dunque, anche chi si sente vincitore, deve mettersi in discussione, deve andare alla ricerca delle cause che hanno determinato un così scarso coinvolgimento dell’elettorato. Se questo percorso verrà avviato, allora queste elezioni diverranno un’occasione sfruttata per ricostruire un rapporto di ascolto e di fiducia con i cittadini.

Il perno del centrosinistra si conferma essere il Partito Democratico. Ma su questo partito pesano due grossi limiti, per non dire due tare originarie, che continuano a pregiudicarne le potenzialità. Uno è di ordine ideologico, l’impianto neoliberista ereditato dalla conferenza del Lingotto; l’altro è di tipo organizzativo e consiste in una singolare ricerca dell’autodistruzione, inseguendo il mito evanescente del “partito leggero” attraverso lo smantellamento delle reti e dei luoghi che consentono una adeguata e variegata rappresentanza sociale, che consentono il dibattito attenendosi a norme che garantiscono una autentica democrazia interna, che consentono, come succede nei grandi partiti europei, di sentirsi in una stessa casa politica anche se si possono avere opinioni diversissime su questioni contingenti.

Se si vuole tornare ad essere presi in considerazione in certi settori sociali , occorre tornare a ricostruire modalità di presenza stabili e collaudate, responsabilizzando gli iscritti anziché lasciare il partito alla mercé dei primi che passano, come può esser successo con un ricorso eccessivo alle primarie.

C’è bisogno che i partiti tornino ad esser più strutturati anche per la fragilità della situazione che abbiamo di fronte. Una fragilità dell’economia. Le ultime previsioni economiche globali del Fondo Monetario delineano uno scenario caratterizzato da un consistente aumento dell’inflazione almeno fino al 2024, con i prezzi delle materie prime e dell’energia che avranno, come già stanno avendo, effetti serissimi sui bilanci delle famiglie e delle aziende.
Una fragilità sociale. L’impoverimento del ceto medio ha conosciuto un’accelerazione dovuta a molteplici fattori, che rende sempre più incerta la governabilità del sistema. Le forze politiche non possono non vedere che una così alta disaffezione al voto apre delle praterie a esperimenti della politica, rispetto ai quali c’è sempre qualcuno per il mondo dotato dei mezzi e delle risorse per poterli lanciare. I partiti devono misurarsi con la sfida della rappresentanza anche per prevenire questi possibili sviluppi, rafforzati purtroppo ogni qualvolta riemerge lo spettro della stagflazione, dell’aumento insostenibile dei prezzi in una fase di stagnazione di salari e profitti. Fenomeno che la classe dirigente non avverte se non per sentito dire, o nel linguaggio ovattato dei convegni ma che sta già falcidiando i ceti popolari.Infine, per ricucire lo strappo creatosi fra mondo della politica e cittadini risulta prezioso ed essenziale il ruolo della società civile, dei corpi intermedi, che sono quelli, come amava ricordarci il compianto Giovanni Bianchi, che danno dorma politica a ciò che politico non è, o non lo è ancora. Nelle fasi in cui invece tendono ad annullarsi, in un gioco al ribasso, le differenze di interesse, di sensibilità, di strategie fra società civile e politica, si apre una enorme crepa nella rappresentanza che finisce alla lunga per destabilizzare il sistema politico e la democrazia. Dunque a mio parere i risultati di questo primo turno elettorale vanno visti anche in questa prospettiva, come uno stimolo per le forze sociali a fare il loro mestiere, a non aver paura della loro diversità di temi e di linguaggio, perché la politica senza stimoli dall’esterno si avvita su se stessa fino allo stallo. Il contrario di ciò che serve in questa delicata fase in cui è richiesta lungimiranza, equilibrio e straordinaria capacità di elaborazione politica di fronte a sfide e cambiamenti radicali ed inediti.

Infine, per ricucire lo strappo creatosi fra mondo della politica e cittadini risulta prezioso ed essenziale il ruolo della società civile, dei corpi intermedi, che sono quelli, come amava ricordarci il compianto Giovanni Bianchi, che danno forma politica a ciò che politico non è, o non lo è ancora. Nelle fasi in cui invece tendono ad annullarsi, in un gioco al ribasso, le differenze di interesse, di sensibilità, di strategie fra società civile e politica, si apre una enorme crepa nella rappresentanza che finisce alla lunga per destabilizzare il sistema politico e la democrazia. Dunque a mio parere i risultati di questo primo turno elettorale vanno visti anche in questa prospettiva, come uno stimolo per le forze sociali a fare il loro mestiere, a non aver paura della loro diversità di temi e di linguaggio, perché la politica senza stimoli dall’esterno si avvita su se stessa fino allo stallo. Il contrario di ciò che serve in questa delicata fase in cui è richiesta lungimiranza, equilibrio e straordinaria capacità di elaborazione politica di fronte a sfide e cambiamenti radicali ed inediti.

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