Germania, stallo post elettorale

In Germania, dopo il recente voto per il Bundestag, l’unica certezza è che non ci sono certezze. Siamo allo stallo più completo, come del resto lasciava intendere il responso delle urne.

Il fatto è che, sebbene dall’esito elettorale emerga un evidente vincitore – i socialdemocratici della Spd, saliti al 25 per cento – resta piuttosto ardua la composizione di una maggioranza. Basta osservare i dati del nuovo contesto politico per rendersene conto. Appena un punto sotto la Spd – che consegue 206 dei 735 seggi del Parlamento – si trovano i democristiani della Cdu, al 24 per cento (il peggior risultato di sempre), con 196 seggi. Seguono quindi a ruota gli ecologisti 14,9 per cento (118 seggi) e i liberali della Fdp, all’11 per cento (92 seggi).

La nascita di una maggioranza parlamentare, che richiede 368 seggi, può seguire tre strade. Innanzi tutto una riedizione della Grande coalizione Cdu-Spd, questa volta a guida socialdemocratica: ipotesi, in verità, per ora scartata da entrambi i potenziali partner. Messa da parte questa opzione, in campo restano altre due possibilità caratterizzate da un’intesa tripartita: autentica novità per un Paese come la Germania dove a governare sinora si erano trovate al massimo due diverse formazioni.

Si prospettano quindi due diversi tripartiti: Spd-liberali-ecologisti, coalizione rosso, giallo, verde, ribattezzata “semaforo”, e Cdu-liberali-ecologisti, intesa nero, giallo, verde, denominata “Giamaica”. Sembra però difficile tener fuori da un’alleanza di governo la Spd fresca di un successo nelle urne. Olaf Scholz, leader socialdemocratico, ex ministro delle Finanze nella Grande coalizione con Angela Merkel, ha dunque buone probabilità di diventare il prossimo cancelliere. In ogni caso il leader della Cdu, Armin Laschet si è premurato di ricordare che non sempre alla guida del governo è asceso il primo partito. In effetti dal 1969 al 1982, sebbene la Cdu fosse la formazione politica più votata, il cancelliere fu espresso dalla Spd in alleanza con i liberali. Difficile che adesso possa riprodursi uno scenario simile ma la cosa non è del tutto da escludere.

Intanto si sono avviati i primi contatti tra i diversi partiti. Particolarmente atteso quello tra ecologisti e liberali. Già i primi conciliaboli hanno evidenziato le differenze più che i tratti in comune. La Fdp, fedele alla classica impostazione di formazione liberale punta a ridurre le imposte e a dare ampio spazio al mercato; i verdi sono invece favorevoli ad accrescere gli investimenti pubblici, soprattutto in materia ambientale nell’ottica della decarbonizzazione. Di certo un’intesa capeggiata dalla Spd, ovvero la coalizione del “semaforo”, favorirebbe le istanze ecologiste, mentre qualora dovesse tornare in ballo l’opzione con la Cdu, sarebbero allora i liberali ad avere maggior influenza nell’esecutivo. Tutto dipende dunque da come si accorderanno le terze forze, mai come oggi arbitre dei destini del Paese.

Restano due aspetti da sottolineare. La Cdu del dopo Merkel tornerà probabilmente a situarsi su posizioni più conservatrici di quanto non fosse con la Cancelliera, col rischio di veder tornare in auge un approccio economico meno disposto a politiche comuni a livello europeo. Al tempo stesso non bisogna illudersi che la Spd abbandoni del tutto una linea di rigore nel bilancio comunitario.

In ogni caso adesso, come si diceva, sono in corso le trattative. Nell’attesa che a Berlino qualcosa si muova, sulla scena continua ad esserci ancora Angela Merkel, sperando che il successore, chiunque sia, non ce ne faccia sentire la mancanza.

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