Gianfranco Pasquino – Minima politica

Parafrasando i Minima moralia del filosofo tedesco Theodor Adorno, Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica dell’Università di Bologna, ci propone i suoi “Minima politica, sei lezioni di democrazia” (Utet) con cui intende fornirci, per così dire, l’abc della politica, in un’epoca nella quale sia nell’opinione pubblico sia nella stessa classe dirigente vi è molta confusione in proposito.

Nei sei capitoli del libro: leggi elettorali, rappresentanza politica, deficit democratico, governabilità, non liberali non democratici, ciascun argomento trattato si accompagna a puntuali comparazioni con gli ordinamenti stranieri. Ne scaturisce un volume accattivante, di agile lettura, scevro da eccessivi tecnicismi, dove l’autore cerca di sfatare alcuni dei luoghi comuni che, da tempo, vediamo imperversare persino sui principali media.

Tra questi quello ripetuto con maggior insistenza è il mito della governabilità, vero e proprio dogma, cui sacrificare, in nome di una presunta efficienza istituzionale, persino ampie dosi di rappresentanza. Quasi che avere un Parlamento adeguatamente rappresentativo – eletto con sistema proporzionale e seggi assegnati dunque in base ai voti ricevuti – significhi mandare in crisi la governabilità. Concetto peraltro impiegato in modo superficiale, cioè del tutto assimilato alla stabilità dell’esecutivo, elevata a valore assoluto magari ponendo in secondo piano ciò che dovrebbe importare: ossia la qualità di governo. Questa sì, imprescindibile fattore per una politica realmente al servizio dei cittadini.

Nel libro si affronta anche il tema, molto attuale di questi tempi, delle cosiddette democrazie illiberali. Si parla cioè di quei sistemi politici in cui si vota con scadenze più o meno prefissate ma nei quali mancano in realtà tutte le classiche e tipiche garanzie – dall’indipendenza della magistratura ad una piena libertà di stampa, dal rispetto delle minoranze ad un reale controllo del Parlamento sul Governo – che ben più del semplice momento elettorale, costituiscono la vera essenza di una democrazia liberale fondata sullo Stato di diritto. Eppure non sono pochi a pensare che a fornire una patente di democraticità bastino le elezioni, ogni quattro o cinque anni, senza curarsi del resto. In pratica, una visione plebiscitaria più che autenticamente democratica.

Modelli di questo genere in giro se ne trovano parecchi: dalla Russia di Vladimir Putin o alla Turchia di Recep Ergogan. Questa logica sta addirittura attecchendo persino nel cuore dell’Europa. Basti pensare alla deriva autoritaria di Polonia o Ungheria che esplicitamente contestano i principi liberali. Non a caso nell’Unione europa si è di recente aperta la questione riguardante lo Stato di diritto e la connessione tra il rispetto delle sue regole e l’ammissione agli aiuti comunitari. Valori liberali che si pensava fossero assodati per tutti ma che invece per alcuni Paesi non lo sono affatto.

Pasquino ci fa dunque riflettere sui meccanismi della politica, tra modelli istituzionali e leggi elettorali, partendo dalle nozioni di base ed offrendoci gli elementi per meglio comprendere le questioni in gioco. Che sono poi quelle della nostra democrazia.

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