Giuliano Pisapia e il voto cattolico

«I nostri elettori si sono fidati di queste persone perché sanno che cosa rappresentano e che esperienza e valori portano. Servono però da parte di Pisapia dei segnali sui contenuti e sulla squadra, in modo da poter rassicurare i nostri elettori».

Questa e altre mie dichiarazioni al Corriere della Sera stanno suscitando molta apprensione all’interno dello schieramento che sostiene la candidatura di Giuliano Pisapia a sindaco di Milano. Non spetta naturalmente al sottoscritto fare l’esegesi delle mie parole, ma mi premeva precisare alcuni aspetti della riflessione che è stata rilanciata dal Corsera.

Prima di tutto, non è in discussione l’appoggio mio e dei cattolici vicini al PD a Giuliano Pisapia. Vogliamo essere ancora più chiari? Non è in discussione l’appoggio a Giuliano Pisapia che ci auguriamo con tutto il cuore che possa essere il nuovo sindaco di Milano.

Le mie dichiarazioni possono essere lette su un duplice versante: da un lato, l’invito a non sottovalutare l’apporto cattolico all’inaspettata affermazione del candidato del centro sinistra al primo turno (basta guardare alle preferenze espresse), dall’altro la chiara e conseguente affermazione che Pisapia non è unicamente espressione della sinistra radicale, ma ha saputo ascoltare e rappresentare una larga fetta di città.

Serviva proprio proclamare a mezzo stampa, a rischio di suscitare allarme, questa voglia di esserci da parte dei cattolici?

Come ogni scelta, anche questa rientra nel campo dell’opinabile, ma provo a motivarla.

Sussurrare all’orecchio di Pisapia o dei suoi collaboratori che sarebbe stato opportuno dire qualcosa di cattolico non avrebbe avuto lo stesso significato e lo stesso effetto. A forza di dare per scontate le cose si rischia di non riconoscerle più e di lasciare campo libero a chi tenta di convincere i milanesi che Palazzo Marino potrebbe diventare come il Leoncavallo. Riconoscere e riaffermare il ruolo attivo e significativo del mondo cattolico nella corsa che tenta di portare Pisapia in piazza della Scala diventa allora strategico, perché  solo nella compiuta ricomposizione tra le diverse culture che hanno fatto grande Milano questa città potrà ripartire davvero.

Da troppo tempo la metropoli lombarda è bloccata da un sistema ingessato che perpetua abitudini e schemi che non hanno saputo rendere ragione delle ricchezze della città. In questo clima, la voce e il contributo dei cattolici ambrosiani (fatte salve alcune realtà ben inserite nel centro-destra) è stato sempre considerato un elemento quasi decorativo della città, di fatto incapace di entrare realmente in dialogo con un’amministrazione che si è sempre rivolta al mondo cattolico con gli occhi dolci e la voce flautata, ma si è anche sempre fatta gli affari suoi. Dando retta a preti e parrocchie solo quando potevano fare in qualche modo comodo o immagine.

Pisapia può garantire un cambiamento di questa situazione? Sono convinto di sì e bisogna dirlo apertamente esplicitando che la sua Milano non sarà una città in mano alla sinistra, ma una città in cui tutti verranno ascoltati e valorizzati per quanto sono in grado di offrire. Il mondo cattolico non farà eccezione e verrà valorizzato per quanto di buono e di utile saprà offrire allo sviluppo di una città che finalmente potrà liberare le sue energie.

Milano ha vissuto gli ultimi anni ingabbiata dalla paura (alimentata più o meno consapevolmente). E’ ora di passare oltre e di dire che o ci si muove o rischiamo di guardare solo da lontano, da molto lontano le altre città d’Europa e del mondo. In questa sfida c’è spazio per tutti coloro che vorranno essere protagonisti, cattolici in prima fila, purché non rimangano ancorati a un passato che non c’è più.

Avete paura di una prospettiva di questo tipo?

Allora probabilmente avete votato per la Moratti 😉

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