Dalla Romagna, ecco Sarsina magica e misteriosa

L’antica “Sassina” è patria di due illustri personaggi: Tito Maccio Plauto, scrittore latino natovi intorno al 250 a.C., autore di famose commedie come la Casina e il Miles gloriosus; e San Vicinio, a cui si lega la tradizione del collare dalle proprietà taumaturgiche, primo vescovo della città.

La casa di Plauto… Che sia leggenda o verità poco importa, la tradizione vuole che proprio fra queste mura sia nato il grande commediografo latino, ma non esistono notizie certe. La casa ha subito pesanti rimaneggiamenti, la sua origine e la torre che ne è parte vengono fatte risalire all’età romana. Non vi è certezza di nulla, in merito alla vita di Plauto.

Cesare Questa e Renato Raffaelli scrivevano: “A Sarsina nell’Umbria si riferisce Plauto stesso in un passo della Mostellaria dove c’è un gioco di parole tra umbra (“ombra”) e Umbra (“donna dell’Umbria”). Un personaggio, il vecchio Simone, dice che la sua casa è ben soleggiata, che non c’è mai umbra (“ombra”), e l’altro, il servo Tranione, gli replica scherzosamente: “Ah, sì? non c’è almeno una Sarsinate, se non hai un’Umbra (Umbra)?”. La battuta forse sarebbe ancor più spiritosa se si presuppone non solo che “donna di Sarsina” e “donna Umbra” siano quasi la stessa cosa, perché Sarsina era in territorio umbro, ma pure che Sarsina sia la patria, nota agli spettatori, dell’autore della commedia”.

“Le opere di Tito Maccio Plauto sono l’attrattiva più bella della riviera romagnola”. Lo sostiene Francesca Taino, bolognese, appassionata di artigianato artistico, che ha coronato il suo sogno, acquistare la Casa di Plauto.

Lo ha svelato al quotidiano “Il Resto del Carlino”.

“Da piccola quando i miei genitori mi portavano in villeggiatura a Milano Marittima, rimanevo affascinata dai manifesti che annunciavano il Plautus Festival che si svolgeva a Sarsina. Crescendo mi sono appassionata sempre di più e cercando una casa da acquistare qui, il mio amico Lucio Cangini (ex sindaco, ndr) mi ha consigliato proprio quella di Plauto, che è sempre stata privata”.

L’obiettivo? “Rendere fruibile a tutti questa casa che è sempre stata inaccessibile”.

Ricordiamo che il Plautus Festival si svolge da sessanta anni presso l’Arena di Calbano.

La “ConCattedrale” (così chiamata perché Sarsina fu sede episcopale fino al 1986, poi incorporata nella Diocesi di Cesena-Sarsina, quando era Vescovo Mons. Luigi Amaducci) è intitolata a San Vicinio, vissuto nel IV secolo: le origini dell’edificio si perdono intorno all’Anno Mille. La Cappella di San Vicinio narra, attraverso le quattro tele parietali, i miracoli legati al culto del Santo. E’ facile incontrare qualche parrocchiano o un pellegrino desideroso di ottenere la benedizione del collare appartenuto al Santo, perché gli sono attribuite proprietà taumaturgiche, in grado di scacciare il maligno.

Le notizie sulla vita di San Vicinio emergono da un”Lectionarium” manoscritto, anonimo, del XII secolo, conservato nella Biblioteca Gambalunga di Rimini, ricca di manoscritti e opere a stampa (si possono visitare le sue sale storiche con visite organizzate). Il catalogo Meldini dei manoscritti, a schedine di formato internazionale in ordine alfabetico per autore e titolo, registra 755 codici sugli oltre 1300 conservati nella cosiddetta “Sezione Chiusa”.

Arrivo a Sarsina in un caldo pomeriggio di fine agosto, mentre fervono i preparativi per la festa dedicata a San Vicinio il 28 agosto, in occasione della quale vengono distribuiti i tradizionali “curdlen”, costituiti da fili colorati di seta, benedetti e portati al collo da ammalati e devoti, come protezione celeste a somiglianza della famosa catena di ferro.

Purtroppo il Museo Archeologico Nazionale è chiuso, e non posso ammirare la ricchezza dei suoi reperti che risalgono alla Sarsina romana.

Ho lasciato Cervia e le sue comodità balneari e termali, una quarantina di chilometri mi hanno condotto nel cuore dell’Appennino montano e contadino, a scavalco fra Romagna, Marche e Toscana in un paesaggio lontano anni luce dalle spiagge e dagli alberghi; poco oltre si apre il Passo dei Mandrioli, secolare via di comunicazione con il Gran Ducato dei Medici.

Le strade

Siamo nella Valle del fiume Savio, fin dall’antichità luogo di passaggio di persone e merci, tra le Valli del Marecchia e del Bidente. E’ percorsa dalla Statale Tiberina (anche le foci del Tevere non sono lontane…) e dalla Statale Umbro-Casentinese-Romagnola: basterebbero questi due nomi a dare il senso di un transito e di un cammino secolari; in tempi recenti si è aggiunta la Superstrada E45 che collega Ravenna con Orte.

Il Cammino di San Vicinio

E’ un percorso devozionale che si snoda fra Romagna e Toscana, toccando una serie di luoghi di culto importanti per il territorio: l’Abbazia di Santa Maria del Monte a Cesena, l’Eremo di S. Alberico alle Balze di Verghereto, la Pieve di Monte Sorbo a Mercato Saraceno, la già citata ConCattedrale di Sarsina, Monte San Vicinio, l’Eremo di Corzano a Bagno di Romagna, il Santuario francescano della Verna, il Santuario della Madonna del Soccorso a Sant’Agata Feltria, l’Eremo di Camaldoli.

Il Collare di San Vicinio

La tradizione afferma che l’eremita Vicinio si rifugiasse sovente su un monte che porta il suo nome, oggi nel comune di Mercato Saraceno, dove pregava e faceva penitenza.

Durante la sua permanenza il Santo indossava una collana di ferro, alla quale appendeva una pietra. L’oggetto, di incerta origine, è formato da due bracci uniti da un duplice snodo e terminanti con due anelli che combaciano.

Secondo una ricerca scientifica dell’Università di Bologna l’oggetto è da attribuire ad un’epoca contemporanea alla vita del Santo.

Da tempo immemorabile il Collare viene usato per le benedizioni. Si è soliti dire che “La Catena è la mano del Santo che con la sua potente intercessione presso Dio dona la grazia a tutti coloro che giungono fino al suo altare in devoto pellegrinaggio”.

All’interno della ConCattedrale sono praticati esorcismi da sacerdoti autorizzati dal Vescovo di Cesena-Sarsina.

Due sono i cantori contemporanei di Sarsina: Vittorio Tonelli e Stefano Giannini.

Il primo ha lasciato il paese natìo, rimangono tutte le sue opere in vendita all’edicola in piazza Plauto. Quella che meglio rende l’idea del senso ancestrale di questa terra è il suo testo “Il diavolo e l’acquasanta”. A pag. 135 leggiamo: “ Notissima è la Benedictio che San Francesco ricavò dal 66° salmo della Bibbia. E pure molto conosciuta è quella riferita a sant’Antonio da Padova, che io stesso ho trovata inserita in un lungo e antico testo esorcistico. Questo era usato, con il crocefisso in mano, “per liberare le persone afflitte da idee nere, che vedono strane cose, che hanno visioni terrificanti, incubi, oppressioni e ogni specie d’angoscia” (Abate Julio, Il libro segreto dei grandi esorcismi, Viareggio 1908).

Il secondo abita in una frazione di Sarsina ed ha accettato volentieri di incontrarmi.

Stefano Giannini, un incontro verso la storia

Ci vediamo al bar in piazza, la basilica di fronte a noi, con una squadra di operai che preparano i ponteggi per la festa di domani.

Stefano Giannini è nato e vive a Sorbano, oggi frazione di Sarsina, che rimase Comune autonomo fino al 1964. Inoltre, fino al 1923, il territorio dell’antico Comune apparteneva alla Provincia di Firenze e comprendeva le frazioni di Montalto (o Sommano), Montoriolo, Rullato, Tezzo e Valbiano a Castelnovo.

Stefano conserva il diario quotidiano scritto da uno zio sacerdote, nel quale sono annotate tutte le celebrazioni da lui presiedute, migliaia! E’ una piccola anagrafe con nomi di persone e luoghi, il succedersi di famiglie e dinastie montanare attraverso nascite, matrimoni, decessi.

Mi dedica il suo libro “Cronache, sogni e storie di Romagna”, racconti da una terra ancestrale. Emblematico è “Le cinque chiese”, quasi un’epopea del bene (la chiesa) contro il male (frane e terremoti) che periodicamente distrugge tutto e tutto porta via con la sua furia devastatrice.

“In quel solatio ma sfortunato paese, seduto su di un promontorio a metà della valle del Savio, posto sulla costa del colle esposto a mezzogiorno, che dalla sommità di Tezzo si sgretola verso l’ansa più bella del savio, dove il fiume gemello del Tevere riceve il tributo irregolare dell’affluente Fanante, abitato da secoli da , indomito, onesta e laboriosa gente (…).

Un malefico e misterioso destino incombeva inesorabile e perenne su quelle benedette mura. Forse si trattava di un maligno e dispettoso gioco del diavolo. Da quando, nell’anno milleduecento, o giù di lì, fu eretta la prima , ai giorni, nostri, di chiese ne sono crollate e poi riedificate almeno sei.

Una di queste frane più recenti trascinò a valle per 54 metri l’intera borgata Cassandra.

La prima chiesa di cui si ha memoria sorgeva a fianco del castello di Federico II, era dedicata a San Donato, e per 150 anni restò al suo posto, poi un brutto giorno dell’anno 1350, nel borgo, a ridosso del castello, riecheggiarono prima un sinistro boato, poi le acute grida delle popolane che assistettero attonite al crollo della chiesa.

La seconda chiesa fu eretta nel 1355, dedicata alla Madonna Assunta e a Sant’Egidio Abate. Anche questa chiesa fu travolta e sbriciolata da una frana assieme ai resti del castello. Probabilmente vi furono anche vittime.

La terza chiesa dedicata a Sant’Egidio Abate fu costruita nel 1634 sui ruderi di un antico monastero. Una lapide dell’epoca, murata nell’attuale chiesa, ricorda il vescovo committente, , il parroco ed il costruttore. Ancora ai giorni nostri, nel luogo dove sorgeva la chiesa, affiorano dal suolo teschi e ossa umane. Anche questa chiesa nel 1778 fu trascinata via da un’altra gigantesca frana.

La quarta chiesa sorse attorno all’anno 1780, in una località in seguito denominata Chiesa Vecchia, più in alto rispetto alla precedente. Restò in piedi per 110 anni, il crollo, causato da un forte terremoto, avvenne nel 1890, per fortuna non fece alcuna vittima.

La quinta chiesa (dove fui battezzato) fu costruita nell’anno 1895, con tanti sacrifici dei soliti poveri ma tenaci parrocchiani”.

Stefano Giannini continua a percorre i “suoi” monti, a piedi e in bicicletta, ama fotografare colori e paesaggi e li posta sulla sua pagina Facebook, sulla pagina “Nuvole”, e sul gruppo “sei di Sarsina se…”.

Sarsina incarna la lotta fra il demonio e San Vicinio e gli esorcisti che gli sono succeduti, sempre presenti dalla notte dei tempi. Non è questa la sede per discutere di bene e di male, della luce e dell’ombra, divino e maligno come dualismo nel mondo… in ogni caso, qui i riti di esorcismo continuano ad essere praticati, nel terzo millennio.

Al tramonto del 27 agosto 2020 entro nella Basilica, mentre un sacerdote passeggia per la navata centrale.

Il Collare di San Vicinio si trova sulla mensa dell’altare, sembra un reperto da museo archeologico. Mi avvicino, lo guardo con curiosità; chiedo conferma al sacerdote, è proprio l’originale! Viene esposto in questi giorni alla venerazione dei fedeli ed utilizzato per la benedizione dopo la pronuncia delle formule di rito.

“Ho letto di una cerimonia particolare” gli sussurro nella penombra.

“Se lei crede, posso impartire la benedizione di San Vicinio”.

Il mio sguardo sorridente è più di un’approvazione.

L’anziano uomo di Chiesa toglie il Collare dalla teca, me lo pone al collo e inizia a salmodiare frasi antiche di benedizione e sortilegio, in un rito a metà fra sacro e pagano.

Ripetiamo insieme, alla fine, le rinunce a Satana, al termine delle quali ricevo la benedizione solenne.

Quando il sacerdote mi toglie il Collare, un brivido di energia mi corre lungo la schiena e risale fino alle braccia e alle spalle: sarà solo suggestione o è il messaggio di San Vicinio che continua anche oggi?

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