Il Covid in Veneto, tra problemi sanitari e difficoltà economiche

<<In totale i positivi in Veneto da inizio pandemia ad oggi sono circa 26mila di cui oltre 3.100 attualmente positivi. Il presidente Zaia, tutti i giorni, attraverso i suoi canali social, ci assicura che la situazione è sotto controllo, ma ogni giorno i dati sui contagi ci dicono che non è così. I casi di contagio aumentano e le terapie intensive ritornano ad ospitare malati di coronavirus, benché siamo, comunque, ancora molto lontano dai numeri di marzo e aprile scorso>>. A parlare è Francesco Roncone, segretario regionale della Federazione anziani e pensionati (Fap) delle Acli Veneto che prosegue evidenziando quanto è accaduto nelle case di riposo e nelle Rsa. <<Una situazione di una gravità assoluta che non si può certo liquidare con lo slogan: “l’emergenza è passata”. È pur vero che tre residenze assistenziali su quattro in Veneto non hanno avuto casi di contagio, ma è ancor più vero che più di un terzo dei deceduti per Covid-19 nella regione è rappresentato proprio da anziani ospitati nelle comunità residenziali, una tragedia che merita serietà da parte delle istituzioni regionali. E’ un diritto di tutti i cittadini e ancor più di quelle famiglie che hanno perso un loro caro, contagiato in quei centri, capire cosa sia successo tra quelle mura tra marzo e maggio, quali misure concrete sono state e saranno messe in campo per continuare a gestire questa emergenza, oggi tutto è ancora molto confuso. Ricordo che questi centri, benché privati, vengono gestiti con i soldi pubblici>>.

Situazione altrettanto complicata sul fronte dell’assistenza domiciliare agli anziani e riguardo al sempre crescente ruolo delle badanti entro il sistema socio-sanitario.Veneto Lavoro ha rilevato che le assunzioni di lavoratori domestici, tra febbraio e luglio 2020, in piena emergenza coronavirus, sono quasi quintuplicate rispetto allo stesso periodo del 2019. <<In Veneto – spiega Roncone – sono circa 80mila quelle regolari e non. La quasi totalità di esse sono straniere e si stima che più della metà provengano da paesi dell’Est Europa>>. Uno studio di circa un anno fa dell’Università Bocconi ha calcolato in 45mila le badanti irregolari nel Veneto, per la quasi totalità straniere. Un contesto che può trovarsi del tutto fuori controllo sul fronte sanitario, anche perchè i Paesi dell’Est europeo hanno registrato più di un milione di casi confermati di coronavirus dall’inizio dell’pandemia ed ogni giorno si ha un significativo aumento di nuovi contagi. Tutto fa pensare che in queste nazioni il Covid continui a girare con una certa disinvoltura e che possa altrettanto facilmente uscire dai confini. <<Queste badanti in cerca di lavoro – conferma Roncone – arrivano e si muovono in Italia senza alcun controllo – ospitate da amici o in casa degli stessi anziani assistiti – con il rischio sanitario che si può ben immaginare e con la concreta possibilità che, in caso di contagio, le nostre famiglie debbano prendersi carico anche della loro quarantena.

Il sistema sanitario pubblico sta fornendo un notevole sforzo ma il quadro è denso di preoccupazioni. Roncone denuncia che oggi si stanno scontando scelte precedenti il Coronavirus, caratterizzate da una quota crescente di spesa sanitaria pagata di tasca propria e con una sempre più invasiva presenza della sanità privata. <<Ora, con il Covid aumentano le disuguaglianze anche perché sono in ritardo le prestazioni riguardanti la sanità ordinaria. Rivolgendosi alle strutture private, i richiedenti assistenza, troverebbero una pronta risposta, ma i pensionati, con un assegno di qualche centinaio di euro, proprio non ce la fanno e rinunciano a curarsi>>. A tutto questo si aggiunge, con la chiusura degli sportelli delle Asl e dei Cup, la difficoltà per gli anziani di accedere alle prenotazioni a causa della forzata informatizzazione dei servizi. Una telesanità alquanto ostica, se non del tutto inaccessibile, per molte persone avanti con l’età, prive di un aiuto.

L’impatto della pandemia sulla salute degli anziani è stato devastante. I dati a disposizione indicano che il Covid-19 è risultato particolarmente virulento per le persone nelle comunità residenziali. Nel Veneto come in tutto il territorio nazionale c’è bisogno urgentemente di un cambiamento di rotta nella programmazione e gestione dei servizi sanitari e un rapido superamento delle criticità che si sono ente acuite con l’emergenza pandemica. <<Esiste – sottolinea il segretario Fap-Acli – un problema di sostenibilità dei costi per molti anziani. Dai dati dell’Inps emerge l’esigenza di tutelare la condizione economica e sociale della popolazione anziana sempre più povera, che ha visto, dal 2001 ad oggi, erodere il proprio potere d’acquisto reale di circa il 30 per cento>>.

Le misure di distanziamento sociale hanno penalizzato proprio gli anziani, relegandoli ancor di più ad un isolamento che ha molto pesato sul loro stato psicologico. I contatti sociali giocano un ruolo importante nel contribuire alla qualità della vita di chi è avanti con gli anni e sono decisivi per mantenere un invecchiamento attivo. Oggi, invece, in periodo di coronavirus, sempre più anziani si percepiscono soli e già si riscontrano, a detta di alcuni medici di base, casi sempre più diffusi di ansia e depressione. Roncone evidenzia la necessità di politiche che si concentrino: sulla difesa del potere d’acquisto delle pensioni, spesso di annata per il blocco dell’indicizzazione; sul fisco, ampliando la no tax area; su un welfare più efficace, inclusivo ed attento alle esigenze di questa fascia di persone più deboli.

Tutto questo viene a collocarsi in una crisi economica generalizzata. L’economia del Veneto, come quella italiana, sta attraversando la più pesante recessione che si ricordi dal dopoguerra ad oggi. Stiamo assistendo ad una contrazione della produzione industriale senza precedenti. <<La disoccupazione – dice Roncone – soprattutto quella giovanile ha raggiunto, anche in Veneto, livelli record. Il mitico nord-est ormai è solo un lontano ricordo. Tutto questo si ripercuoterà sul futuro dei nostri ragazzi e sulla struttura del nostro welfare. Già prima dell’emergenza coronavirus l’Italia navigava in cattive acque con una crescita insufficiente ed oggi, nell’era Covid, tutto si è aggravato e rischia di causare una vera devastazione sociale.

Per il futuro servirà un reddito minimo per le famiglie in situazione di disagio, in modo da non lasciare nessuno indietro. Diviene poi basilare ripensare il settore sociale e in particolare i servizi alla persona, agli anziani, specie riguardo alla non autosufficienza e al sostegno del loro nucleo familiare>>. Naturalmente per avviare la ripresa economica bisognerà puntare sulla green-economy e sbloccare le grandi opere pubbliche. Due ambiti decisivi per il nostro sviluppo, due settori chiave per creare nuova occupazione.

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