Il popolarismo riparte contro la cultura mafiosa

«Povera Sicilia mia, povera Italia: ora la mafia diventerà più crudele, e dalla Sicilia risalirà l’intera penisola per risalire forse oltre le Alpi»: queste parole scritte negli anni cinquanta da don Luigi Sturzo, il fondatore del popolarismo, si sono rivelate drammaticamente profetiche, questa risalita non ha solo riguardato la mafia siciliana ma tutte le associazioni criminali, in primis l’ndrangheta.

Interessante è il caso di una città del Piemonte, la quinta per numero di abitanti, Moncalieri, in cui si sono tenute le elezioni comunali. Essa, in un forte titolo di un articolo de La Stampa del 2019, fu così definita “tra betoniere e kalashnikov, il feudo dell’ndrangheta”: un territorio che conosce una presenza radicata, ramificata. Secondo i cronisti giudiziari qui c’è la ndrina storica che ha infettato l’intero nord ovest.

Qui si trova anche l’ultima sezione popolare di epoca sturziana ancora in attività, fondata il 30 aprile 1919, quattro mesi dopo l’appello ai “liberi e forti” del grande sacerdote siciliano che, piccola ed isolata, abbarbicata intorno al suo simbolo, il gonfalone, (concesso anche a amici di altre parti d’Italia impegnati nelle elezioni) e al neonato movimento giovanile, ha affrontato le elezioni dandosi come linea politica quella del riarmo morale della comunità contro la cultura mafiosa pervasiva. Isolamento e silenzio, anche da parte del debole mondo parrocchiale cittadino, sono calati intorno ai popolari che hanno pervicacemente tenuto il punto pur sapendo di dispiegare un’azione di testimonianza che, però, non poteva essere taciuta perché proprio il pensiero popolare si radica nella visione sociale cristiana per cui è chiaro il monito lanciato da San Giovanni Paolo II nel 1993 ad Agrigento: “la nostra fede esige una chiara riprovazione della cultura della mafia, che è una cultura di morte, profondamente disumana, antievangelica, nemica della dignità della persona e della convivenza civile”.

Il silenzio, un’informazione che è sembrata una sorta di muro di gomma, su cui servirebbe un approfondimento specifico, l’incapacità di una comunità all’apparenza narcotizzata, di avere reazioni anche, in precedenza, di fronte ad esempio ad attacchi ad un cronista giudiziario, sono ciò che hanno fatto più impressione: nessuna delle associazioni che si occupano di contrasto alla criminalità organizzata si è affacciata, nessun dibattito, nessun confronto si sono tenuti né in presenza né da remoto. Eppure, leggendo le cronache giudiziarie, legalità e moralità sono un problema centrale che rischiano di limitare la libertà stessa dei cittadini elettori. Il silenzio ha continuato a rimbombare, nessuna analisi del voto tranquilla, asettica, dal carattere meramente informativo, anche solo per fare festa per il grande risultato di talune liste che hanno infranto ogni ipotesi e statistica e hanno ottenuto un pieno di preferenze incredibile, da città con un numero di abitanti ben superiore: il pensiero popolare è rimasto da solo a tenere un punto che è imprescindibile se si vuole parlare di bene comune, buona amministrazione, buona politica.

Il tentativo di isolare e silenziare non potrà essere comunque più forte di un pensiero radicato in uomini e donne liberi e forti, pur isolati, come dice Gandalf nel “Signore degli Anelli”: “il coraggio è la migliore difesa che tu abbia ora!”. Qualunque ricostruzione di una presenza politica cristianamente ispirata, che sappia attingere al patrimonio del popolarismo, riprendere una identità da usare per incontrare le altre e collaborare, fuori da politicismi, astrattismi, accademismi, tatticismi di vecchia classe dirigente, quella fallita della sedicente seconda repubblica, non può che partire dal riarmo morale, all’opposizione dello stato delle cose, contro infiltrazioni e corruzioni per difendere quella libertà e quella democrazia integrale che sono aspirazioni insite nella stessa Carta Costituzionale, da difendere sempre contro riforme contingente e pasticciate, ricordando il monito del giudice Paolo Borsellino: “politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”. Un’ultima notazione: se esistono commissioni legalità e antimafia sarebbe bene che iniziassero ad immergersi nei territori.

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