Il referendum e la riemersione dei cattolici democratici.

Tra i tanti elementi che sono emersi in questo singolare e strano dibattito referendario non possiamo non citare la riemersione culturale, politica, programmatica e forse anche etica del cattolicesimo democratico. Una riemersione che ha assunto anche una valenza protagonistica nazionale se pensiamo al fatto che quasi tutti gli esponenti di rilievo nazionale e locale hanno individuato nel No al taglio dei parlamentari – proposta di matrice grillina nonchè di ispirazione populista, demagogica e strutturalmente antipolitica, antiparlamentare e avulsa da ogni cornice riconducibile alla democrazia rappresentativa – una delle regioni che storicamente hanno contraddistinto questo storico e anche glorioso filone ideale nelle vicende politiche del nostro paese. Perchè non sempre la storia ti offre l’occasione per confermare la bontà e l’efficacia di una tradizione politica e culturale, anche se nobile e qualificata come, appunto, quella di matrice cattolico democratica e popolare. In questa specifico passaggio storico c’è stata la possibilità, attraverso un libero e costruttivo confronto democratico, di evidenziare i tasselli costitutivi di questa cultura.

Elementi che si possono sintetizzare in alcuni aspetti essenziali: la centralità del Parlamento, l’importanza della democrazia rappresentativa, la necessità di restituire ai cittadini la scelta della classe dirigente, un giusto e bilanciato equilibrio dei poteri, la negazione di una concezione populista e demagogica delle istituzioni, la modernità della Costituzione repubblicana che non va sacralizzata ma, al contempo, che non si può sacrificare sull’altare di mere ragioni di potere legate alla sopravvivenza di un ceto politico e, soprattutto, la difesa di una precisa concezione della democrazia in uno dei passaggi più delicati nella storia del nostro paese.

Tasselli costitutivi di un mosaico che, appunto, ha fatto riemergere non solo la modernità ma anche la necessità storica di una concezione culturale e politica delle nostre istituzioni che per troppi anni si è limitata a giocare un ruolo subalterno se non addirittura carsico. Questa specifica vicenda politica del nostro tempo ha offerto una ghiotta opportunità per riscoprire non solo valori e principi decisivi per la qualità della nostra democrazia ma anche, ed è quel che più conta, le linee essenziali per un progetto politico legato però all’architettura istituzionale del nostro sistema democratico. E quindi non l’ennesima, e banale, proposta di dar vita ad un partito ma la risottolineatura di una concezione delle istituzioni che di fronte all’ondata del populismo rischia effettivamente di essere travolta.

Ora, al di là del concreto esito referendario e della stessa percentuale del No – che sarà, comunque sia, determinato dal tasso di affluenza alle urne – non c’è alcun dubbio che d’ora in poi il cattolicesimo democratico e popolare sarà nuovamente un protagonista nello scenario politico italiano. E, all’interno di questo filone, saranno protagonisti quei leader politici e culturali che proprio in questa occasione hanno manifestato coraggio, determinazione e coerenza con le proprie radici. Del resto, la stagione del populismo, anche se ancora forte e incisiva, è destinata ad attenuarsi e a perdere colpi. Le stesse parole d’ordine sono sempre più insignificanti ed opache, anche alla luce del fallimento dell’azione di governo a livello nazionale e a livello locale dei suoi principali esponenti.

E l’ultima cosa che poteva fare una nobile, storica e qualificata tradizione culturale e politica come quella del cattolicesimo democratico e popolare era proprio quella di assecondare questa deriva populista, demagogica, antipolitica e antiparlamentare. Per fortuna c’è stato un sussulto di dignità e un rinnovato protagonismo. Adesso, finalmente, dopo una battaglia trasparente e fedele alla sua storia, si potrà ripartire.

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