Polonia, successo conservatore con Duda

In Polonia Andzrej Duda viene confermato alla testa del Paese per un secondo mandato di cinque anni. Questo l’esito di un’elezione presidenziale che ha visto un’elevata partecipazione ai seggi: 68 per cento, circa 20milioni i votanti nel complesso, e poco più di 400mila voti a separare i due contendenti. Alla resa dei conti il ballottaggio, come spesso accade in questi casi, è stato assai più serrato di quanto lasciassero presagire i risultati del primo turno. Due settimane fa Duda aveva staccato il liberale Rafal Trzaskowski di tredici punti che si sono ridotti a poco più di due, 51,1 contro 48,9 per cento. Un recupero che Trzaskowski ha costruito coagulando attorno al proprio nome tutta l’opposizione di sinistra e buona parte dell’elettorato che, in prima battuta, avevano scelto l’indipendente cattolico Szymon Holownia.

Dalle urne esce un Paese politicamente diviso in due aree geografiche ben distinte. Le regioni agricole dell’est sono il serbatoio di Duda, mentre l’ovest si schiera con Trzaskowski che fa il pieno anche a Varsavia, città di cui è sindaco. Ritroviamo in Polonia la classica frontiera, riscontrabile quasi ovunque, tra un mondo rurale più conservatore e realtà urbane più progressista. Quella che si è appena chiusa è stata una campagna elettorale molto accesa, nella quale si sono confrontate, e per certi versi anche scontrate, due opposte visioni politiche e culturali, come mai era accaduto nella storia del Paese da quando è tornata la democratica.

Da una parte Duda, sostenitore dei valori tradizionali e di un sovranismo antieuropeo, dall’altra Trzaskowski ancorato all’Europa e strenuo difensore dello Stato di diritto, a cominciare dall’indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo, oggi minacciata da una riforma che ha come fautori il premier Jaroslav Kaczynski e lo stesso Duda. Negli ultimi giorni il campo conservatore è giunto ad accusare Trzaskowski di essere addirittura al servizio della lobby Lgtb per distruggere la famiglia naturale tra uomo e donna. Follie da campagna elettorale che, con il responso democratico ormai definitivamente acquisito, speriamo vengano messe presto da parte. Il Paese ha bisogno che vengano risolti i problemi e non che si alimenti una continua propaganda.

Vedremo dunque se Duda saprà svestirsi dei suoi abiti di parte per diventare il presidente di tutti i polacchi anche di quelli, e sono ben 10milioni, che non lo hanno votato. Per essere all’altezza di questo compito dovrà soprattutto evitare di appiattirsi oltre misura sulle posizioni ultraconservatrici e nazionaliste del governo guidato dal premier Jaroslav Kaczynski.

Evidente che oggi il rischio più grande è di ritrovarsi con una Polonia sempre più in rotta di collisione con l’Unione europea. Cartina di tornasole sarà, già nei prossimi giorni, la trattativa sul Recovery fund che vede il gruppo di Visegrad, capitanato dall’Ungheria di Viktor Orban, e di cui la Polonia è decisivo sostenitore, schierato su posizioni molto critiche rispetto al nuovo strumento, nel timore che la ripartizione finale dei finale penalizzi l’est europeo. Va peraltro detto che riguardo alle politiche sociali il governo Kaczynski si è mosso con una certa oculatezza irrobustendo il welfare e dando vita a politiche volte a favorire le famiglie numerose. Scelte che, alla fine, si sono rivelate decisamente paganti nelle urne.

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