Libia: un intervento che suscita grandi perplessità

Cresce il disagio nel mondo cattolico per questo nuovo fronte di guerra, votato dalla maggioranza che sostiene il Governo Berlusconi e dal Partito Democratico. Pubblichiamo un editoriale del Circolo Acli di Ossona che pone questioni con le quali  la politica stenta a confrontarsi.

 

La situazione della Libia è molto difficile e purtroppo è iniziata una guerra della quale possiamo prevedere che le conseguenze saranno solo funeste. Pochi mesi fa in Italia si sono tributati onori a dismisura al colonnello libico, in questi giorni si mandano aerei a perlustrare il territorio per bloccare i siti radar. Questo cambio di modalità di comportamento è causa di grandi perplessità.

Con la Libia l’Italia ha sempre avuto un senso di colpa, dovuto a quanto successe un secolo fa quando pensò di avere pure essa uno spazio coloniale e andò ad occupare questo territorio africano. Una volta raggiunta l’indipendenza, l’Italia si è sempre fatta coinvolgere nelle esigenze del paese africano. Ha lasciato buone strutture, alcune costruite in epoca coloniale, e non ha lesinato interventi per favorire la crescita economica e lo sviluppo.

Con il colonnello aveva stabilito un patto un po’ particolare, perché egli veniva considerato guardiano del Mediterraneo, compito che avrebbe dovuto impedire ai profughi di lasciare le coste dell’Africa e di venire in Italia. A detta di alcuni ministri, questa modalità ha fermato centinaia di migliaia di persone, che altrimenti sarebbero giunte nel nostro paese.

E’ un dato di fatto che in un certo periodo ci sono stati pochi sbarchi ed è altrettanto constatabile che in questo ultimo mese il numero dei profughi è aumentato in modo considerevole.

Riflettere su queste realtà serve per capire come valutare l’intervento iniziato il 18 marzo e se esso è stata la giusta scelta per proteggere un popolo.

Nel nord Africa e nel Medio Oriente all’inizio dell’anno alcuni popoli si sono ribellati contro chi governava e sono riusciti ad ottenere libere elezioni e una propria autonomia. Anche i libici hanno tentato di fare questo, ma non ce l’hanno ancora fatta a cambiare il regime e hanno subito una reazione pesante. Il motivo dell’intervento delle forze straniere è far cessare il fuoco e bloccare il bagno di sangue sulla popolazione civile. Questo è quanto richiesto dalla risoluzione dell’ONU.

L’Italia è intervenuta, insieme ad altre nazioni, non tutte, proprio facendo riferimento al documento della Nazioni Unite, perché sembra abbastanza chiaro che l’intervento previsto, è un intervento di polizia, con l’intento di fermare le ostilità nel rispetto delle persone.

Ma se partono aerei e questi lanciano missili su obiettivi precisi, uccidendo purtroppo le persone che sono presenti presso quegli obiettivi, l’azione di polizia diventa una guerra.

La nostra nazione nell’articolo 11 della Costituzione dice espressamente che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie”. E’ possibile rispettare questa norma, presente nella legge più importante, e partecipare ad azioni belliche?

Diversi enti, sostenitori della pace, subito hanno levato la loro voce per richiamare al rispetto costituzionale. I politici, come risposta, hanno evidenziato l’aspetto di controllo insito nella operazione e la sua necessità urgente per difendere la popolazione.

Il dilemma sulla correttezza o meno di questo intervento rimane e non sarà risolto facilmente. Bisognava mettere in atto precedentemente altri interventi, che avrebbero permesso di evitare la situazione attuale, ma del “senno di poi sono piene le fosse”. E’ indispensabile prendere coscienza che il dubbio esiste e che bisogna confrontarsi con esso. E’ tipico delle scelte umane non avere la certezza che ciò che si sta facendo sia completamente corretto; il dubbio è intrinseco alle azioni e non eludibile. Spesso, convinti di essere nel giusto, si compiono misfatti contro le persone, nella convinzione di aver soddisfatto un principio.

Le persone, qualsiasi persona, sono le prime ad avere dignità e ad esse va riconosciuto rispetto. In qualsiasi operazione militare succede che qualcuno muoia. Non interessa se il morto sia un civile o un militare dell’esercito avversario, la sua morte deve far sorgere l’interrogativo se quello che si sta facendo sia o no lecito. Anche se l’intervento non è direttamente voluto contro la persona, spesso capita di eliminare una vita e questo è un male, anche se si pensa che sia il male minore, ma sempre male è.

Purtroppo non esiste una modalità già pronta per stabilire la correttezza o meno di una scelta, occorre interrogarsi e confrontarsi con il dubbio, prima di agire e rendersi conto prima fino a che punto si vuole arrivare.

E’ bello vivere in pace, in un mondo nel quale tutti si rispettino e non cerchino di soverchiare l’altro. E’ un traguardo al quale si sta tendendo, ma sembra lontano. Non serve il lamento, ma serve dare il proprio contributo perché questo mondo inizi ad esistere, pur nelle difficoltà e nelle contraddizioni. Se si ha il coraggio di guardare in faccia a queste contraddizioni, si è già fatto un primo passo verso il superamento delle difficoltà.

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