8 Maggio 1945: fine della Seconda guerra mondiale

<<Il sottoscritto colonnello generale Jodl, consegna tutte le forze armate al comando supremo delle forze armate alleate e contemporaneamente al comando supremo sovietico alle condizioni di capitolazione. Il comando supremo tedesco proclama immediatamente l’ordine di cessare le operazioni in corso a partire dalle ore 23 dell’8 maggio>>. Con queste parole, trasmesse via radio, l’8 maggio 1945 viene comunicata la dichiarazione di resa incondizionata della Germania alle potenze alleate siglata da Alfred Jodl comandante delle forze armate tedesche. E’ la fine della Seconda guerra mondiale, dopo quasi sei anni di combattimenti ed oltre 50 milioni di morti.

Nel teatro europeo, il più centrale e decisivo, la guerra era dunque terminata, anche se in Asia proseguì ancora per qualche mese fino alla resa del Giappone. Tutto era cominciato il 1° settembre 1939 con l’invasione della Polonia da parte della Germania hitleriana. Il resto lo conosciamo bene: la risposta con le armi di Francia e Gran Bretagna, la successiva entrata in guerra dell’Italia, l’attacco tedesco alla Russia e, infine, a far divenire davvero mondiale il conflitto, la discesa in campo degli Stati Uniti. Si combatté un po’ dappertutto: dai deserti africani alla steppa sovietica, nel mare del Nord come nell’oceano Pacifico, con drammatici scontri che portarono alla ribalta luoghi da allora rimasti nella nostra memoria: Dunkerque, Pearl Harbor, El Alamein, Stalingrado, la Normandia.

Fu un conflitto globale che colpì le popolazioni civili ancor più che gli stessi militari, a causa dei pesanti bombardamenti sulle città. Ben oltre le operazioni belliche, che pure furono mai così estese e rilevanti, fu, soprattutto, una sfida totale tra la libertà e la tirannia, tra il mondo democratico e l’oppressione nazista.

Da quelle tragiche rovine emerse però, nella vecchia Europa, la consapevolezza che nulla poteva più essere come prima e che si doveva costruire qualcosa di nuovo. E fu proprio quello che accadde di lì a pochi anni. Ne passarono appena cinque, quando il 9 maggio 1950, il francese Robert Schuman propose un accordo tra Francia e Germania sul carbone e sull’acciaio. Queste due risorse, motivo di discordia tra due Paesi che si erano combattuti tre volte in un meno di un secolo, dovevano divenire comuni, togliendo ragion d’essere a qualsiasi pretesto nazionalista.

Attorno a quell’idea si formò un primo nucleo di Stati, tra cui l’Italia, per dar vita a quella che nel 1957 sarebbe poi diventata la Comunità europea. Mai più guerra tra i nostri Paesi, mai più la guerra nel nostro continente: questo l’impegno per costruire un’Europa di pace e di libertà. Messi da parte i veleni del nazionalismo, che tanta devastazione avevano provocato solo pochi anni prima, era giunto il tempo della collaborazione tra i Paesi e i popoli del vecchio continente.

A settantacinque anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, che incendiò l’Europa, e a settanta dalla Dichiarazione di Schuman, che ne segnò la ricostruzione civile e morale, ricordare questi due momenti, pur diversi tra loro, significa riscoprire le ragioni più profonde dell’ unificazione europea contro qualsiasi rigurgito nazionalista. Al di là di tutto, anche dei limiti spesso evidenti dell’Unione europea, il cammino verso l’unità del continente resta la più bella realtà del nostro tempo e il miglior antidoto contro le follie del passato.

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