Cattolici, un equivoco da chiarire

Se qualcuno non se ne fosse accorto è passato l’anno centenario dell’Appello ai Liberi e Forti di don Sturzo con cui nacque il Partito Popolare Italiano. Sicuramente molte sono state le commemorazioni ed ancora di più le citazioni: la sollecitazione del cardinal Bassetti a superare la frattura scandalosa ed ideologica tra cattolici del sociale e cattolici della morale non sembra sia stata colta preferendo rimanere irrilevanti, acquattati nello schema del bipolarismo dell’odio tra fronte sovranista/populista e fronte progressista/radicale, scorgendo nel declino dei pentastellati la possibilità di stringere di nuovo la camicia di forza bipolare. Si sono di nuovo sentite le voci e le elucubrazioni dei vecchi ingegneri politici della fallita seconda repubblica, che ha partorito l’attuale situazione ed una erosione accelerata dell’integralità della democrazia e il ritorno a ragionamenti correntizi o sulla “cultura delle alleanze” con cui nobilitare l’andare a servizio da qualche parte rimettendosi, più vecchi e logori, sulla strada delle alleanze trasformate in simil-identità. Addirittura c’è, di nuovo, l’uso distorto della frase di De Gasperi sulla Democrazia Cristiana, “partito di centro che guarda a sinistra” cercando di cacciarci a forza, contro l’interpretazione autentica data dalla stessa figlia, Maria Romana, l’articolo “la” prima dell’ultima parola, stravolgendo non solo un pensiero ma una intera, coerente, lezione. Accanto a ciò qualche sussulto più organizzativista che di pensiero appare già mostrare i suoi limiti da una parte con una evidente nostalgia per i bei tempi che furono e, così, con tentativi di richiami nominalistici più da museo delle cere che da agone politico attuale e ricerca di sciamani dietro cui mettersi da qualche parte, non importa dove (senza cogliere l’incoerenza di mantenere un richiamo al popolarismo, all’idea democratico cristiana), dall’altra con interviste un po’ stralunate su tradimenti per mancati riconoscimenti per sostegni elettorali presunti che poi hanno visto premiare portatori di valori molto lontani dalla visione sociale cristiana. In questa situazione sarebbe credibile che gli stessi personaggi potessero minacciare presenze autonome, identitarie ma, di fatto, solo per dispetto?

Insomma, semplicemente, al di là di dotti documenti ed articolate, numerose, riflessioni, l’impressione è che ci si sia persi la strada popolare in mezzo alle sabbie mobili dei politicismi, dei tatticismi, dei posizionamenti (anche all’interno dell’associazionismo cattolico) che puntano a liquefarlo di volta in volta nella dimensione generica, sempre fine ma poco impegnativa, di definizioni come riformismo e moderatismo, che, alla fine, andando bene sia a destra che a sinistra, sembrano sostanzialmente solo degli Ogm costruiti a tavolino che nulla hanno a che fare con quel fiume carsico, ancora vitale sui territori, del popolarismo. Forse non c’è il coraggio di dire da parte di molti, aperta verbis, che in esso non ci si crede più e che i santini di Sturzo, Frassati, De Gasperi, La Pira, Moro, Zaccagnini, ecc… servono solo, quando va bene, per ricordi storici buoni per il deresponsabilizzante livello prepolitico. La prova provata di ciò dove sta? Nella mancanza cronica di giovani a cui non sta passando il testimone di questa straordinaria tradizione di pensiero politico cristianamente ispirato, autonomo, originale. Senza la forza dell’identità di un pensiero e delle giovani generazioni viene meno la capacità di contribuire a ricucire l’Italia, senza un rinnovato protagonismo, capace di coraggio e sguardo lungo, rimane emarginato il suo contributo al dibattito sulla stessa qualità della democrazia italiana e sulla riforma dell’Europa riprendendo il sogno dei Padri Fondatori. Andare a rimorchio non sembra una linea in grado di contribuire ad innescare nessun processo al massimo di occupare spazi sempre più asfittici. La politica, insegna proprio la tradizione popolare, sta fuori dai politicismi, perché la politica ha dei limiti, sta in mezzo al popolo, dentro le dinamiche quotidiane delle comunità dove si vivono crisi economiche, infiltrazioni mafiose, difficoltà a fare figli, ecc… anche con la capacità di mettersi all’opposizione dello stato delle cose. Siamo di nuovo di fronte ai rischi messi in luce già nel 1902 da Sturzo: ““il dilettantismo, il superficialismo, l’empirismo ci ammazzano. La fonte principale di vita per gli uomini sono le idee … I nostri libri, i nostri giornali né mostrano in noi densità di pensiero, che assimila il buono del pensiero moderno e lo traduce; né arrivano ad ottenere popolarizzazione e credito, ad imporsi tra la folla di altri libri e giornali … Le idee mancano e i fatti vengono meno”. Manca Amicizia Cristiana per ritessere la tela sociale di una presenza prima culturale e quindi politica ed è urgente impegnarvisi “adesso per il domani”.

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