Unità e fraternità in politica e non solo

Anche il 2020 si presenta denso di anniversari “tondi” di personaggi che hanno illustrato l’Italia. Il nostro Mattarella ha iniziato a ricordarcelo, lo scorso gennaio, recandosi a Livorno per ricordare Carlo Azeglio Ciampi (chiamato “Azeglio” in onore di un troppo dimentico padre del nostro Risorgimento, Massimo Taparelli d’Azeglio, per il quale Ciampi affermò avere una grande affezione). Era abbastanza naturale che il Presidente celebrasse il centenario della nascita di un suo stimato predecessore. Non altrettanto scontato era che si recasse a Trento, il 25 gennaio, per celebrare il centenario della nascita di Chiara Lubich, nata in quella città il 22 gennaio del 1920. Paradossalmente, forse più conosciuta all’estero che in Italia, questa trentina è ricordata per aver fondato il Movimento dei Focolari che, qualche tempo fa, tra il serio e il faceto, era indicato come il “prodotto” maggiormente diffuso nel mondo, anche più della coca-cola.

Coloro che conoscono le vicende dei movimenti ecclesiali cattolici (e non solo), hanno contezza di questa allora giovane ragazza trentina che, sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, insieme ad alcune altrettanto adolescenti sue compagne, intorno al Vangelo vissuto, iniziò, nella sua città, un’opera di assistenza ai poveri e poi, per osmosi, diffuse la sua scelta di vita comunitaria evangelica in Italia, in Europa, nel mondo. In quegli anni terribili Chiara, la cui spiritualità è di una modernità ancora molto inesplorata, espresse “inconsapevolmente” una risposta epocale ai drammi esistenziali del XX secolo: di fronte ai dolori vissuti della guerra, ai drammi dell’olocausto (che non poteva conoscere), alle stragi e ai lutti, alla “morte e al silenzio di Dio”, all’allora apparentemente incontrovertibile trionfo del male,… lei ebbe l’intuizione che prima, nel “buco nero” dell’abbandono e della morte in croce e, poi infine, nella risurrezione di Gesù Cristo, Uomo e Dio, fossero, potenzialmente e di fatto, ricomprese e superate tutte le tragedie dell’umanità. Un’altra delle principali originalità di Chiara fu l’aver colto che l’unione con Dio non si raggiunge, solo, all’interno di un profondo e personale rapporto con lui, come ad esempio troviamo in Agostino e in Teresa d’Avila (il “castello interiore”), ma “anche” nel rapporto col fratello (con la sorella), il cosiddetto “castello esteriore”. Il nostro prossimo, nonostante i suoi difetti, è espressione del Creatore: da questo rapporto privilegiato con lui (lei), tra noi, possono (devono?) conseguire consone relazioni sociali e politiche fraterne. In queste poche righe non possiamo ulteriormente approfondire questi argomenti, ma ci pareva importante almeno sottolinearli, per ricordare questa “mistica operativa” che, accanto alle sue intuizioni spirituali, seppe conciliare una concreta prassi di azioni a favore dei più miseri, dagli assetati territori africani alle dimenticate periferie filippine. Anche in alcuni suoi recenti interventi pubblici, l’attuale arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, ha ricordato con appassionato affetto questa donna carismatica che seppe attualizzare la sua fede al di là delle strette gabbie teologiche pre-conciliari.

Nei suoi ultimi anni di vita Chiara, che morì nel 2008, si dedicò principalmente a tre opere: l’Istituto Universitario Sophia, per diffondere la “cultura dell’unità”, cardine del suo pensiero, ispirato al cosiddetto “testamento di Gesù”: “che tutti siano uno” (Gv 17,21); l’economia di comunione, una visione dei rapporti economici e produttivi che puntano sì all’efficienza aziendale, ma che non siano irrispettosi dei rapporti umani e del creato, e siano fondati su un’equa redistribuzione solidale degli utili, idea nata in Brasile, dove la sua esperienza delle favelas che attorniavano la città di San Paolo come “una corona di spine” la ispirò (a questo proposito molto leggiamo di analogo nella “Laudato sì” di Francesco). L’ “economia di comunione” è una filosofia e una prassi gestionale ora molto diffusa e praticata in migliaia di aziende operanti in tutto il mondo. La terza intuizione fu la riscoperta della “fraternità” nella politica: il principio “dimenticato” della modernità, che già con fatica ricorda malamente solo la libertà e l’eguaglianza. Mattarella, a Trento, l’ha ricordato, citando la Lubich, affermando che l’unità e la fraternità, rispettose delle diversità (“amare la patria altrui come la propria”), sono un arricchimento reciproco per gli uomini e rappresentano il fondamento del nostro vivere civile. Per chi volesse saperne di più, segnaliamo il libro di Massimo Gentilini, Chiara Lubich, la via dell’unità tra storia e profezia, Roma, Città Nuova.

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