Cento anni fa Federico Fellini, l’uomo dei sogni

Il calcio è Pelé, la formula Uno la Ferrari, il cinema Federico Fellini: praticamente in tutto il mondo. E di Fellini, proprio in questi giorni, si celebra il centenario della nascita. Difficile, se non impossibile, tratteggiarne la figura in poche righe: una vita di regista, di artista, di geniale inventore di quella settima arte che è il cinema. Una poliedricità che si ritrova nelle sue opere, da sceneggiatore prima, da regista poi, che sono un pezzo importante della cultura, non solo cinematografica, del nostro Paese ed anche oltre i nostri confini, dato l’impatto che il regista romagnolo (nato a Rimini il 20 gennaio 1920), ha avuto un po’ ovunque a livello internazionale.

I titoli dei suoi film li conosciamo a memoria: I vitelloni, La strada, Le notti di Cabiria, La dolce vita, Otto e mezzo, Amarcord, E la nave va, La voce della luna, solo per ricordarne i principali. Un cammino artistico che ebbe inizio come redattore della rivista Marc’Aurelio, poco prima della guerra con pezzi satirici, disegni, vignette, aforismi. Questo il Fellini degli esordi, già dotato allora di quella fantasia e quell’immaginazione che portò poi dietro la macchina da presa.

Conobbe il successo quasi subito, nei primi anni Cinquanta, con I vitelloni, un termine che divenne, esso stesso, una delle invenzioni felliniane, neologismo ormai diffuso per quei giovani senza né arte né parte che trascinano la loro vita più che viverla per davvero. Così come, anni dopo, entrerà nel nostro vocabolario anche il termine “paparazzi”, per definire i fotografi alla perenne ricerca di uno scoop, inseguendo i personaggi dello schermo.

Notevoli i sodalizi con Nino Rota che firmò diverse colonne musicali dei suoi film, con lo scrittore Ennio Flaiano, in veste di principale sceneggiatore, e con Marcello Mastroianni che divenne un po’ il suo alter ego cinematografico.

A consacrare Fellini nell’Olimpo del cinema, fu soprattutto La dolce vita, un film che, meglio di qualsiasi altro, ci offre uno spaccato di un’epoca, di un’Italia sospesa tra modernità e tradizione, tra cosmopolitismo e Strapaese. Simbolo degli anni del boom, in quel 1960 che spalancava le porte al decennio più celebrato della nostra storia, di cui restano indimenticabili alcune scene, che all’epoca furono ritenute scandalose. Pensiamo solo ad Anita Ekberg nella fontana di Trevi.

Giunsero poi molti altri successi e Fellini divenne l’emblema stesso del nostro cinema, in quel suo lavoro, a volte anche di non facile comprensione, di unire sensazioni e fantasie, di regalarci sogni ed emozioni.

Morì nel 1993, nello stesso anno in cui aveva ottenuto il premio Oscar alla carriera. Memorabile quella notte ad Hollywood tra le stelle del cinema mondiale, sotto gli occhi della moglie, Giulietta Masina, la donna che lo accompagnò per tutta la vita e sotto lo sguardo di un pubblico che ne riconosceva grandezza e genialità. Una serata che fu, senza saperlo, un po’ il commiato da un artista d’eccezione che con la macchina da presa ci ha fatto sognare.

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