Cattolici in politica: credenti? Meglio ancora credibili.

Nel grande fermento di riflessioni, articoli, manifesti, appelli, federazioni, ecc…, che sta crescendo tra molti cattolici si coglie un limite che sembrerebbe decisivo: mancano i giovani.

Non sembra sufficiente esistere grazie al numero di scritti o alle citazioni delle proprie parole a destra o a manca, non appare una grande operazione raccogliere firme che poi, ad una veloce occhiata, risultano essere sempre le stesse, dei soliti volenterosi. Non sembra suscitare particolare passione copiare, nell’anno centenario dell’Appello ai Liberi e Forti di don Luigi Sturzo, lo stesso ssistema di richiamo perchè quell’appello suscitò entusiasmi straordinari in quanto nato dentro il popolo e portato sotto ogni campanile, in ogni piazza, in tutti i municipi dell’Italia da tanti uomini e tante donne che erano inseriti in maniera vitale nelle proprie comunità, si sentivano parte di un popolo, ricchi di una identità capace di contribuire al bene comune in maniera semplice ed immediata, riconoscevano la complessità della società del proprio tempo e la conseguente utilità della mediazione sociale. Insomma come cattolici manchiamo dal popolo, non suscitiamo interesse per un pesiero politico che si faccia azione, come detto, non interessiamo le giovani generazioni sempre alla ricerca di passioni e idelaità forti, di sogni, basti pensare a quello degasperiano per l’Europa! Siamo anime perse tra complessi ragionamenti e dotte riflessioni. Eppure un’indagine dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo ci dice che il bene comune è il valore più sentito e più assente proprio per i giovani che lo vedono come chiave peril generale benessere. Da essi viene colto il senso di inadeguatezza della politica, però, per l’80,2% è riconosciuta come strumento necessario per migliorare la società purchè il bene comune ne sia la stella polare. Non vedono prevalentemente però una realtà in cui viene premiata l’onestà, una società che dà opportunità ai giovani, una realtà equa che riconosce il merito, una società solidale, una realtà in cui il popolo conta ed è ascoltato. Su quest’ultimo dato si potrebbe aprire una lunga rigflessione sull’erosione della democrazia rappresentantiva da troppo tempo portt avanti e di cui il taglio dei parlamentari è solo l’ultimo atto.

L’inadeguatezza della politica è vissuta attraverso una palese disaffezione verso l’attuale proposta politica: nessun partito convince, la Lega è certamente forte ma i giovani intervistati che ne palesano la vicinanza arrivano al 18,1%. Gli ultimi due governi che si sono succeduti ottengono giudizi positivi il percentuali basse. E’ evidente il problema della credibilità che fa trasparire una forte amarezza.

Ma c’è un dato importante: i giovani hanno sembrano aver superato ormai lo schema fallito imposto durante la così detta seconda repubblica che ha cercato di imporre la camicia di forza bipolare destra/sinistra: a fronte di un 24,2% che non trova o non esprime una collocazione, troviamo l’8,5% a sinistra, il 13,3% nel centro-sinistra, l’11,9% a destra, il 18,6% nel centro-destra (il dato si ribalta se si considerano solo i laureati, sx 11,7%, csx 21,3%, dx10,9%, cdx 19%, non si colloca l’11,7%). Il dato che sorprende e scompagina tante considerazoni dotte e teoriche è quello che riguarda il centro: I giovani interpellati dall’indagine si colocano qui per il 23,5% percentuale che, estrapolando i soli laureati, aumenta al 25,4%. Insomma sembra proprio esistere uno spazio al centro, non meramente moderato, ma determiato dal valore del perseguimento del bene comune, che sembra richiamare le caratteristiche tipiche della tradizione politica dei cattolici italiani espressa nel popolarismo e nell’idea democratco cristiana, radicata nella visione sociale cristiana.

Proprio i giovani sembrano mettersi prima di tutti all’opposizione dello stato delle cose cercando, non trovandolo, uno spazio politico ricco di identità e generatività che sono elementi caratteristici delle nostre comunità che li vedono ampiamente impegnati nel volontariato ma lontani dalla politica. Il problema, dunque, forse, sta nel riprendere un pensiero, decentrare il mondo cattolico da una radicata autoreferenzialità, ridargli gambe nella concretezza, in mezzo al popolo, laddove arriva la passione non i manifesti o la nostalgia organizzativista.

Per i cattolici oggi la sfida vera è usare un grande bagaglio di relazioni e presenze per costruire una risposta per questi giovani che sono il futuro dell’Italia e dell’Europa ma va dato un segnale. Se partiamo da una frase del giovane giudice Rosario Livatino, ammazzato dalla mafia, “saremo giudicati non se saremo stati credenti ma credibili” diventa evidentemente urgente sanare la frattura tra cattolici del sociale e cattolici della morale, senza perdere tempo con domande del tipo con chi stiamo. Forse, se sapremo costruire Amicizia Cristiana concretamente, senza tanti accademismi e tatticismi da vecchia classe dirigente trapassata, sapremo dare una risposta a questi giovani che domandano “centro”. Ci sarà coraggio per ciò?

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