La parabola politica di Renzi fra improbabile Sinistra e possibile Destra (2° parte)

Dopo avere almeno per il momento allontanato la prospettiva di elezioni anticipate e aver ottenuto una rappresentanza nella compagine di Governo, il buon Renzi può dedicarsi con un certo respiro alla costruzione della sua nuova creatura politica, quella “Italia Viva” con la quale spera probabilmente di ripetere l’exploit del francese Macron, a sua volta fuoriuscito dal Partito Socialista transalpino e giunto alla Presidenza della Repubblica con la sua formazione “En Marche”.

Ma nel suo caso il cammino non sarà così semplice. Infatti Macron usciva dal disastro del Governo Hollande come uno dei pochi ministri che aveva salvato la faccia, quindi con un certo consenso nell’opinione pubblica. Al contrario, Renzi ha già ricoperto la carica di premier, sottraendo in modo perlomeno discutibile la poltrona al suo predecessore senza peraltro riuscire a imprimere all’Esecutivo quella accelerazione più volte promessa. Anzi, il suo Governo non ha incontrato particolare favore presso l’opinione pubblica, mentre il suo atteggiamento supponente e sbruffone ha finito per renderlo antipatico ai più e creargli intorno una serie di inimicizie che, alla fine, si sono concretizzate in una perdita di consensi clamorosa.

Ora l’ex Premier, ex Segretario ed ex “rottamatore” cerca di rifarsi una verginità con toni concilianti sia nei confronti drl PD, sia nei confronti del Governo, che dichiara di voler sostenere con lealtà. Sarebbe un bel messaggio, se non arrivasse da colui che pronunciò il fatidico “Enrico stai sereno” poco tempo prima di estromettere Enrico Letta dalla carica di Primo Ministro. Indice di un tasso di inaffidabilità elevatissimo, che tuttora induce a non fidarsi del personaggio. Lo stesso Conte, a capo dell’attuale Governo, pur con la sobrietà che lo contraddistingue, non ha mancato di esprimere la propria perplessità per una scelta poco giustificabile politicamente, poco comprensibile dall’opinione pubblica e perlomeno opinabile nella tempistica. Con il consueto garbo istituzionale, il premier in carica ha fatto capire che, se Renzi avesse manifestato le sue reali intenzioni prima della formazione del Governo, probabilmente le valutazioni sui suoi componenti sarebbero state un tantino diverse. Ma Renzi, appunto, si è ben guardato dal dire cosa aveva realmente intenzione di fare. Questo il recente passato e il presente. Ma per il futuro?

Al momento, non sono moltissimi i parlamentari, gli amministratori e i membri del PD che hanno deciso di imbarcarsi con Renzi sulla nuova rotta. anche perché non si capisce bene quale sia. In linea di massima, è probabile che la barra venga diretta verso il Centro, abbandonando ogni residua pulsione di Sinistra, salvo qualche blanda attenzione sociale alle fasce disagiate, che fa fine e non impegna, tant’è che lo dicono un po’ tutti.

Al momento, le dichiarazioni sono apparse abbastanza generiche e non molto esplicative: “Il governo non avrà problemi. Lo abbiamo fatto apposta per dare lunga vita all’esecutivo” (perché? Stando nel PD lo avrebbe fatto cadere?); ” I parlamentari? Li ho lasciati a Zingaretti” nonché “Avremo 25 deputati e 15 senatori” (eh no, o l’una o l’altra…); “Il partito novecentesco non funziona più. Voglio fare una cosa nuova, allegra e divertente ma che metta al centro i problemi” (condivisibile la prima parte, ma per la seconda, era meglio proporsi come conduttore per “I fatti vostri”…); ma soprattutto “Io voglio molto bene al popolo del Pd, per 7 anni ho cercato disperatamente giorno dopo giorno di dedicare loro la mia esperienza politica. Dopo di che le polemiche, i litigi, le divisioni erano la quotidianità”. Un appello ai futuri elettori? Forse, ma dimenticandosi che gran parte di quelle polemiche le ha sollevate lui, presentandosi come “rottamatore”, attaccando il gruppo dirigente precedente, l’ala sinistra del partito, singoli esponenti del PD, perdendo valanghe di consensi… Salvo poi lamentare che a un certo punto si sentiva un estraneo nel partito.

Un atteggiamento controverso, non necessariamente produttivo se l’intenzione era quella di portarsi dietro una fetta di elettorato. Anche perché c’è la seria possibilità che il PD, non più zavorrato dalle posizioni centriste dei renziani, si riposizioni in quella che era la collocazione dei DS, i Democratici di Sinistra, prima dell’unione con la Margherita, cosa che gli permetterebbe (forse) di recuperare quella fetta di elettorato delusa che si era dirottata sul M5S o si era rifugiata nell’astensionismo.

La sensazione è che, forse ancor più che rosicchiare consensi al PD, la nuova formazione punti a quei “moderati” che un tempo votavano con convinzione Forza Italia, soggiogati dal carisma di Berlusconi e ammaliati dalle sue promesse accattivanti. Del resto, era stato lo stesso Berlusconi, in tempi non sospetti, a proporre a Renzi di unirsi a lui individuandolo come un “delfino”, un ragazzo promettente a cui affidare in prospettiva il futuro del suo partito. Il vecchio leader vedeva nel giovane rampante caratteristiche che riconosceva come sue, dall’abilità mediatica alla spregiudicatezza caratteriale, oltre a una personalità decisamente più carismatica di quella dei tanti “signorsì” di cui era circondato.

Le cose, come noto, sono andate diversamente. Nonostante Renzi abbia dato una grossa mano a Berlusconi, concedendogli l’ennesima possibilità di resurrezione politica col “Patto del Nazzareno”, alcune vicende hanno provocato una profonda lacerazione fra i due personaggi. Ma Berlusconi è ben conscio del potere attrattivo che Renzi potrebbe esercitare sul suo ormai striminzito elettorato, non per nulla si è subito affrettato a etichettare la nuova formazione come “di Sinistra”, per rimarcare la differenza. Tuttavia, la novità politica ha provocato una serie di fibrillazioni all’interno di Forza Italia, che inizia a paventare delle fuoriuscite, anche se ufficialmente dichiara una compattezza granitica. Anche i fedelissimi, infatti, non possono nascondersi il fatto che Berlusconi non è più il carismatico leader di vent’anni fa. L’età e le vicissitudini lo hanno fiaccato a tal punto da mettere in discussione la sua leadership anche all’interno dello stesso Centrodestra, dove in molti si sono orientati verso le posizioni più estremistiche di Salvini.

L’entrata ufficiale di Renzi nel campo centrista potrebbe essere fatale per una Forza Italia in declino, che potrebbe sfumarsi in una nascente Italia Viva che sembra garantire continuità fin dal nome. Molti elettori berlusconiani, sensibili al carisma del leader e attratti da una linea politico-economica più vicina ai propri interessi rispetto a quelle di altre forze politiche, potrebbero vedere in Renzi il loro nuovo timoniere.

Ma il punto interrogativo più grande è un altro. Perché Renzi, oltre a essere di provenienza e indole centrista, è anche un ex boy-scout, da sempre vicino agli ambienti parrocchiali e cattolici. E allora viene da chiedersi se non potrebbe essere proprio lui la persona in grado di coagulare intorno a sé la galassia centrista delle molteplici formazioni, presenti o meno in parlamento, che provengono in un modo o nell’altro dallo sfarinamento della DC e che continuano a rivendicare una comune appartenenza ai valori di ispirazione cattolica, senza peraltro mai trovare una sintesi, analogamente e specularmente a ciò che avviene fra gli ex comunisti a sinistra. In verità, sia l’unità politica dei cattolici, sia quella dei comunisti, sembrano ormai confinate al secolo scorso, quando era la feroce rivalità politica a compattare i due schieramenti. Però si sa che le vie del Signore sono infinite. E Renzi ne ha già percorse tante di strade, a destra e sinistra, infatti è pure un maratoneta.

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