Austria: i popolari battono il populismo

L’Austria volta le spalle al populismo nazionalista, restituisce vigore all’europeismo democratico-cristiano e sembra puntare sulla carta ecologista. Questo l’esito della tornata elettorale di domenica scorsa nella quale l’estrema destra della Fpo con un magro 16 per cento, perde ben dieci punti rispetto alle elezioni del 2017 dove tentò, inutilmente, di contendere il primato ai popolari della Ovp. La formazione del 33enne premier Sebastian Kurz compie invece un balzo in avanti, riagguattando parte del voto conservatore, situandosi al 38 per cento e risultando di gran lunga la prima forza politica austriaca. Il perno attorno al quale ruoteranno tutti i futuri equilibri di governo. Accanto al crollo nazionalista e al trionfo dei popolari sono da registrare la flessione dei socialdemocratici (Spo), che perde cinque punti rispetto all’ultima tornata raccogliendo un modesto 21 per cento, e l’impennata dei Verdi che nel 2017 non avevano neanche superato lo sbarramento del 4 per cento ed ora vedono triplicare i propri voti. Stabili infine i liberali, di Neos, eventuali partner di una coalizione di marca centrista.

Se questo è il quadro, resta da capire quale maggioranza governerà il Paese. Ad avere, per così dire, il pallino in mano sono i popolari, in grado, almeno potenzialmente di allestire qualsiasi coalizione. Per ora Kurz preferisce non scoprire le proprie carte. In campo vi sono comunque almeno tre diverse soluzioni di governo. La prima è la riproposizione dell’intesa con la destra nazionalista, confermando l’alleanza della scorsa legislatura. Con i nazionalisti decisamente indeboliti , potrebbe nascere un esecutivo a forte trazione popolare. Quindi meno proclami sovranisti e posizioni più moderate (leggasi più sensate) sull’immigrazione. Si tratterà, in realtà di vedere come reagiranno i nazionalisti alla sconfitta. Al loro interno vi è un’anima più dialogante, quella capitanata da Norbert Hofer, attestata su un classico conservatorismo e disponibile al confronto con i popolari e un’anima più radicale, incarnata dall’ex ministro dell’Interno Herbert Kickl, che preferisce stare all’opposizione. Per intanto l’ex leader Heinz-Christian Strache da tempo implicato in uno scandalo, abbandona il suo partito.

Seconda opzione, far tornare in auge la sempiterna e collaudatissima intesa con i socialdemocratici. Anche in questo caso sarebbero i popolari a dirigere l’orchestra in un esecutivo di chiaro stampo europeista, ricalcando la Grande coalizione, Cdu-Spd, attualmente alla guida della Germania. Vi è poi un’ipotesi, certo più orginale delle altre ma non per questo meno praticabile: quella di un governo tra popolari e verdi con una marcata impronta ecologista. Si potrebbe assistere ad una proficua divisione dei compiti con i popolari chiamati a fornire sostenbilità economica allo sviluppo sostenbile. Un’inedita alleanza, già funzionante in modo discreto in un paio di regioni come il Tirolo e il Voralberg e che sarebbe trasposta a livello nazionale. Un’eventuale bicolore Ovp-Verdi potrebbe poi venir integrato dai liberali, i quali si troverebbero ad assumere un ruolo cerniera, in genere loro particolarmente congegnale.

Questo un po’ il possibile panorama post elettorale. Staremo a vedere cosa ne sortirà, ed è molto probabile che i tempi per la costituzione del governo possano allungarsi notevolmente. Non sarebbe una sorpresa. Due anni fa, in presenza un contesto meno variegato dell’attuale, si dovette attendere due mesi per il varo del nuovo esecutivo. In ogni caso pare certo che Kurz non intenda legare strettamente l’Austria al già sin troppo affollato carro di Visegrad, dove Polonia ed Ungheria la fanno da padrone. Meglio tenere una posizione più defilata, rimanendo nel solco europeista proprio della cultura del popolarismo democratico-cristiano che ha assicurato al Paese decenni di prosperità.

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