Ungheria, Orban gioca su tutti i tavoli

L’Ungheria, guidata dal premier nazionalista Viktor Orban, ritiene del tutto normale godere di cospicui finanziamenti dall’Unione europea, senza nulla restituire in termini di collaborazione sovranazionale. Una ricetta che prevede: chiusura netta sui migranti, gelosa custodia della propria sovranità e addirittura una barriera di filo spinato al confine con la Serbia, Il tutto, come si diceva prima, non disdegnando affatto le enormi risorse concesse dall’Unione essendo il Paese magiaro, come del resto l’intero Est europeo, considerato area depressa da sostenere economicamente.

E così una montagna di quattrini giunge annualmente dalla tanto odiata Bruxelles, per ammodernare le infrastrutture o supportare nuove iniziative economiche. In Ungheria non vi è alcuna intenzione di entrare nella moneta unica. Meglio il fiorino dell’euro, potrebbe essere lo slogan che corre lungo il Danubio, per mantenere intatta, come si illudeva tempo fa qualche leghista nostrano, la sovranità monetaria con il suo seguito di svalutazioni competitive. Un giochetto che “droga” l’economia nell’immediato, agevolando temporaneamente le esportazioni, senza però affrontare i nodi strutturali del Paese in termini di reale competitività.

Nello stesso tempo a Budapest e dintorni l’euro fa gola. Quando ci si accinge a fare un pagamento, in un negozio o al ristorante, si vorrebbe che gli stranieri saldassero il conto in euro e non in fiorini. Così si può lucrare sul cambio e guadagnare qualcosa in più. Questa è l’odierna Europa dell’Est europeo: a metà del guado tra un vero sovranismo, che non dipende dai sussidi comunitari, e una piena integrazione, in quanto si rifiuta qualsiasi meccanismo solidaristico.

In Ungheria, un tempo maestra di calcio, oggi si svolge una partita sul terreno politico, cercando di ottenere vantaggi su tutti i tavoli. Un gioco però ad alto rischio. Lo sa benissmo lo stesso Orban che, non a caso, non pensa affatto a mollare il Partito popolare europeo, la forza da sempre più europeista, per intrupparsi tra le fila sovraniste. Meglio fare l’ala destra, muovendosi contro corrente, nel grande corpaccione popolare, rimanendo però ben saldi sulla tolda di comando dell’Unione, che isolarsi all’opposizione, dentro una marginale formazione sovranista. Proprio quello che non ha capito la Lega giungendo a votare contro Ursula Von den Leyen e finendo così nel sottoscala della politica europea.

A Budapest Orban gioca d’astuzia, mescolando al populismo più spinto un’occhiuta attenzione ai conti pubblici e nulla concedendo a quei Paesi come l’Italia che chiedono un certo allentamento dei vincoli di bilancio. Eppure quando si passerà, e prima o poi dovrebbe accadere, ad una più decisa fase di integrazione, anche gli ungheresi (come i cechi o i polacchi) dovranno scegliere dove stare.

La futura Unione si prospetta a cerchi concentrici ed essere nel primo di questi cerchi, quello della maggior integrazione (con la moneta unica, una difesa comune e una fiscalità armonizzata), assieme ad Italia, Francia e Germania, sarà la cosa più appetibile. Potranno però solo accedervi solo quei Paesi che oltre ad accampare diritti per se stessi, sapranno anche assumere oneri e responsabilità comuni.

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