Hans Woller: Mussolini, primo fascista

Su Benito Mussolini è stato scritto e detto di tutto; non a caso è appena uscito un volume che lo descrive come il “figlio del secolo”. Piaccia o non piaccia, il Duce continua a destare un notevole interesse e, sotto questo profilo, merita una certa attenzione il recente libro dello storico tedesco Hans Woller, “Mussolini primo fascista” (editore Carocci), nel quale l’autore prova ad offrire alcune nuove chiavi di lettura su questo personaggio che, al di là di tutto, resta uno dei principali protagonisti della storia del nostro Paese.

Il senso del discorso di Woller emerge già nel titolo, con quel “primo fascista” che pone Mussolini come fondatore non solo di una nuova formazione politica (23 marzo 1919, Milano piazza Sansepolcro) bensì di un originale modello ideologico che – mescolando nazionalismo, razzismo, accenti sociali e valori tradizionali – diviene non solo la base per un regime che durerà un ventennio, ma addirittura un archetipo per qualsiasi movimento autoritario e reazionario, in qualsiasi parte del mondo, nei decenni successivi sino ai giorni nostri.

Scorrendo il libro ritroviamo, una dopo l’altra, le molteplici tappe di un’esistenza che da un certo momento in poi è divenuta parte della nostra vicenda storica. Ed allora, ecco il Mussolini socialista, poco prima di cambiare cavallo, quando da direttore dell’Avanti ed acceso massimalista, si trasformò repentinamente in focoso interventista. La Prima guerra mondiale lo portò al fronte, dove fu ferito in combattimento e venne quindi congedato col grado di caporale. Poi, per l’appunto, venne la nascita del fascismo, confuso guazzabuglio di tante anime diverse che Mussolini seppe tenere insieme grazie alla propria forza carismatica, pur tra mille contraddizioni e non pochi cambi di direzione.

Le date scorrono assieme ai diversi capitoli: 28 ottobre 1922, (marcia su Roma), 31 ottobre 1926 (instaurazione della dittatura); 5 maggio 1936, (la conquista dell’Etiopia e la proclamazione dell’impero); 17 novembre 1938, (antisemitismo e leggi razziali). Mussolini cambia spesso volto nel corso della sua vita pubblica: il socialista diviene nazionalista, quindi abbraccia il razzismo e l’antisemitismo, legandosi alla Germania nazista, fino al baratro della Seconda guerra mondiale, da cui inizialmente era parso voler restare fuori. Troppo smisurata la sua ambizione, nella velleità di cogliere una facile vittoria in poche settimane.

Del resto cinismo, spregiudicatezza e notevoli dosi di opportunismo furono le cifre più evidenti della sua vita che, dopo la caduta del regime, il 25 luglio 1943, lo vide ridotto a patetica controfigura nelle mani dell’occupante tedesco e destinato a finire i propri giorni fucilato dai partigiani a Dongo, sul lago di Como, il 28 aprile 1945. Eppure paradossalmente, proprio quella morte non ha permesso di fare fino in fondo i conti col fascismo, contribuendo ad edulcorarne la vicenda storica e a rinsaldare il mito di Mussolini in alcune frange estremiste e forse non solo in quelle. Senza volerlo, la fucilazione gli ha regalato qualcosa di eroico, cancellando l’immagine, al limite del ridicolo, dell’uomo (che aveva esaltato il vivere un giorno da leoni piuttosto che cent’anni da pecora) in fuga, nascosto su un camion vestito da soldato tedesco.

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