Irene Borgna: lupi, fra leggenda, disinformazione e realtà (2°parte)

Con l’antropologa Irene Borgna, riprendiamo a parlare del lupo, animale da sempre al centro di una miriade di leggende e di altrettanta disinformazione.

Dicevamo di alcuni problemi oggettivi, quali sono?

Fondamentalmente quello delle predazioni sui domestici. Anche in una situazione di abbondanza di prede selvatiche, pecore e capre sono in ogni caso più facili da catturare rispetto agli agili caprioli e camosci e il lupo, se gliene si lascia occasione, si rivolge alle prede che richiedono meno fatica. Ovini e caprini incustoditi sono a rischio, ma anche le vacche con i vitelli appena partoriti in alpeggio. Dover presidiare continuamente l’alpeggio, difenderlo con recinzioni elettrificate e cani ha significato per gli allevatori veder aumentare le complicazioni di un mestiere già difficile.

In assenza del lupo, i pastori potevano lasciare i loro animali liberi all’alpeggio, subendo al massimo rari attacchi da parte di cani rinselvatichiti. Ma, con la presenza costante dei predatori, è indispensabile dotarsi di misure di di prevenzione, il che ovviamente ha un costo sia economico sia in termini di maggiore impegno, stress, fatica.

Che tipo di rimedi si possono adottare?

Per prima cosa delle recinzioni elettrificate mobili, molto efficaci, a patto di saperle installare a regola d’arte: bisogna saperlo fare e, non tutti i terreni si prestano allo stesso modo e, in ogni caso, le recinzioni hanno un costo e costa fatica portarle in alpeggio e posizionarle. Poi c’è naturalmente lo strumento più classico e naturale, il cane da protezione. Non si tratta del classico cane meticcio che affianca normalmente il montanaro per aiutarlo a far muovere gli animali nella direzione desiderata, ma di specie di grossa taglia, come il Pastore Maremmano Abruzzese o il Pastore dei Pirenei, che hanno il compito di tenere lontani gli intrusi proteggendo il bestiame. La pietra di volta di tutto il sistema della prevenzione, ciò che lo fa funzionare o meno è il pastore, che in presenza di predatori è costretto a presidiare continuamente l’alpeggio, con gli intuibili disagi e costi aggiuntivi che questo comporta. Insomma, con tutte le difficoltà di questo mestiere, il lupo rischia di essere la goccia che fa traboccare il vaso, nonché un facile bersaglio su cui indirizzare la rabbia, ottenendo anche la solidarietà di un’opinione pubblica che sarebbe difficile coinvolgere su questioni anche più rilevanti, ma di minor presa mediatica ed emozionale.

Quali?

Un sondaggio rivolto nel 2015 al 95% degli allevatori del cuneese che portano i loro animali in alpeggio individuava come principali problematiche i costi crescenti legati agli affitti dei terreni da pascolo, i meccanismi per l’accesso ai fondi europei, che si prestano ad abusi da parte di allevatori disonesti, a spese dei colleghi che davvero meriterebbero un supporto. I predatori comparivano solo al quarto posto, anche se le predazioni sui domestici vengono spesso fatte passare sui giornali come IL problema per eccellenza. La questione è molto più complessa, ma un attacco di lupo ha molta più fortuna giornalistica perché suscita emozioni e fa presa immediata, al contrario delle questioni tecniche e burocratiche, assai meno spendibili.

Quindi il nodo centrale è come aiutare efficacemente gli allevatori?

Sicuramente è uno dei modi per favorire la convivenza. In questo, la Regione Piemonte era partita bene, col Progetto Lupo Piemonte – un vero e proprio faro in Europa – che rendeva agevole il meccanismo degli indennizzi agli attacchi da canide, avvalendosi dell’operato di veterinari specializzati, che oltre a certificare l’aggressione ai danni del bestiame in alpeggio, spesso davano anche una mano agli allevatori danneggiati con le pratiche burocratiche. Purtroppo, dal 2010 la Giunta regionale insediata ha preso una direzione differente, azzerando i fondi al progetto senza mettere in campo strategie alternative. Il risultato è che oggi per gli allevatori ottenere i rimborsi è decisamente più macchinoso, per cui sarebbe auspicabile trovare nuove soluzioni efficaci, compito che spetta naturalmente ai decisori politici. Evitando di imboccare la finta soluzione degli abbattimenti, che viene immancabilmente proposta dai cacciatori nei confronti di qualunque selvatico che venga indicato come invasivo, nocivo o in sovrannumero. La legge di fatto prevede già, in casi estremi e come ultima ratio, la possibilità di richiedere e ottenere l’autorizzazione per eliminare singoli animali problematici.

Visti i precedenti, con lo sterminio messo in atto nei primi decenni del secolo scorso, e dovendo attualmente registrare frequenti casi di bracconaggio, occorre dunque individuare strategie efficaci per la tutela di questi animali, perché non è sufficiente cavarsela con la frase “In bocca al lupo”, espressione augurale che fa riferimento al fatto che la bocca del lupo è il luogo più sicuro per i suoi cuccioli. Per questo, trattandosi appunto di un augurio di solida protezione, è sbagliato rispondere “Crepi!”, come spesso avviene nel linguaggio quotidiano. L’ ennesima riprova di quanto, nei secoli, sia stato distorto il nostro rapporto col lupo, che in realtà, storicamente, è stato il primo “selvatico” a essere addomesticato e a camminare al nostro fianco, quando eravamo ancora dei “primitivi”. È davvero strano, dunque, che ora che siamo “civili” rinneghiamo questo antichissimo legame, che invece dovrebbe indurci a salvaguardare il progenitore dei nostri più fedeli animali da compagnia.

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