Cattolici storia di un dibattito tra politica, irrilevanza e scialuppe di salvataggio Seconda parte: le sfide

Il catto-leghismo

Il dibattito nell’orto dei cattolici, o quanto meno di chi si diletta in esso (e va notata la totale assenza di giovani in esso) ha proceduto ad un certo punto per un po’ di mesi parlando del tramonto dei partiti plurali, della necessità di riprendere un cammino, una identità, una mappatura e la costruzione di una rete facendo riferimento al mondo cattolico. Qui si trova quello che appare un errore: non ci si è accorti che la frattura fra cattolici del sociale e quelli della morale ha reso un mondo conquistabile e ci si è stupiti del fascino attrattivo esercitato da un rosario roteato in aria dimenticando gli anni dei dibattiti sulla necessità della sparizione dei presepi e dei crocifissi, l’uso dei simboli cristiani in tante dubbie espressioni artistiche nel mentre che venivano costruire tante posizioni, col silenzio di troppi ben posizionati, contro la vita (spacchettata tra inizio, durante e fine con dibattiti e norme contro la dignità della donna, la famiglia, la vita nascente intesa come mero soddisfacimento di desideri sostenuto da lobby, la fine della vita che dovrebbe soppiantarne la tutela e la cura come un peso anche economico da risolvere) e tante disumane paure. Certo non possiamo dimenticare che “si può essere pagani anche sotto insegne cristiane, e irreligiosi anche se tutori di cose di religione” (Don Primo Mazzolari) ma proprio per questo il dibattito non appare al passo con i tempi! Lo stesso tentativo di ridurre l’appello ai liberi e forti ad un rinnovato richiamo generico, senza un ancoraggio ad una storia ed una identità in dialogo, a uomini e donne di varia provenienza solo contro qualcuno è evidentemente uno sbaglio che avvantaggia in realtà l’ipotetico avversario contro cui si vogliono organizzare fronti.

Le identità forti e radicate sono consapevoli e dialogano, i cattolici non possono che avere piena coscienza di questo avendo un’identità definita e non ancora ripendendo il pensiero del domenicano padre Timothy Radcliff che parte, nella sua riflessione, dalla prima lettera di San Giovanni: qua si pone una sfida significativa che deve farci ricordare nell’epoca della ri-esasperazione dei nazonalismi, come fa l’ex Maestro dell’Ordine dei Predicatori, che la Chiesa è paradigma della buona globalizzazione (e anche in questo, non dimentichiamolo, ci è Madre e Maestra) e portatrice di una teologia dell’ospitalità che può essere riassunta nell’icona di Abramo seduto davanti alla sua tenda, la sua casa, con la porta aperta e accogliente sapendo che “il nostro impegno a far sentre a casa loro i migranti è inscindibile dal desiderio di far sentire a casa propria anche i nostri poveri” (Radcliff).

Non bisogna, poi sottovalutare l’azione di Steve Bannon, l’ideologo trumpiano sbarcato in Italia con l’obbiettivo di formare classe dirigente ultra conservatrice e populista cercando di innescare un processo di americanizzazione dell’originale cattolicesimo italiano che ebbe nella Democrazia Crsitiana un poderoso argine a simili tentativi nel passato: la sua idea di idnetità è diametralmente opposta a quella di chi si rifà alla cultura popolare, all’idea democratico cristiana. Ma se non si sente la responsabilità di costrapporsi, finendola con le divisioni tra cattolici e i nascondimenti “da adulti”, non rischiamo di trovarci un giorno, all’improvviso, la sostituzione di Sturzo con Bannon? Quanto sarebbe utile ritornare al motto del fondatore de “Il Popolo”, Giuseppe Donati, “cattolici penitenti, democratici impenitenti”…

Europee e l’occasione mancata del Ppe

Siamo arrivati cosi in vista delle elezioni europee: qui basta ricordare l’appello lanciato durante un convegno a Torino in febbraio dal Cardinal Poletto, Arcivescovo Emerito della capitale subalpina: “Svegliatevi, non c’è più tempo, agite al più presto. Alle prossime politiche sarà troppo tardi, dovete cominciare subito a far vedere che una luce si accende, non importa quanto piccola. Nessuna deriva confessionale: costruite un soggetto politico laico, se non un partito almeno un manifesto programmatico per chi come noi crede che è ora di voltare pagina. Abbiamo delle responsabilità, a partire dalla colpevole afonia dei cattolici negli ultimi anni”.

La pagina non è stata voltata! Di fatto a tale sollecitazione la risposta è stata un bel non possumus. Alle elezioni europee i vari personaggi e gruppuscoli, dibattuti tra destini personali, nostalgie del bel tempo che fu e posizioni più integraliste che integrali, si sono mossi in ordine sparso ed i risultati sono stati ancora una volta asfittici con una presenza cristianamente ispirata di provenienza italiana al parlamento europeo ridotta ormai a poche unità con esperienze presentatesi che non hanno lasciato traccia già il giorno dopo la chiusura delle urne. Non c’è stato un serio dibattito per ricostruire un rinnovato dialogo con il Partito Popolare Europeo, la casa, un po’ ammaccata, un po’ ondivaga, forse da aituare a ritrovarsi, di chi si sente portatore del sogno europeo di Adenauer, De Gasperi, Schumann, Monnet (così diverso dalla visione tecnocratica e piena di sfiducia verso i popoli del Manifesto, di impronta progressista, di Ventotene).

I risultati elettorali hanno indicato però dei dati da non sottovalutare: la tendenza dei votanti, tra i cattolici, si dirige verso la Lega (34%) ma il fatto che gli analisti indichino un 46% di astenuti pare possa portare a ritenere che proprio i cattolici non trovino rappresentanza.

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