Europarlamento 2019: il sovranismo non sfonda, gli europeisti devono convincere

Elezioni europee senza nessuna grossa sorpresa. Le previsioni della vigilia, da tempo suffragate dai sondaggi, sono state un po’ ovunque confermate. Il dato finale dell’Europarlamento con i suoi 751 seggi in palio, vede il Partito popolare (Ppe), 23 per cento, ancora in testa conquistarne 179, seguito a ruota dai socialisti (Pse) che raggiungono quota 150, con un consenso attorno al 20. Nessuna maggioranza assoluta, dunque, per le due storiche forze dell’europeismo, entrambe in calo rispetto al passato, ma in grado assieme ai liberali dell’ Alde (14, per cento, 109 seggi) e ai Verdi (9 per cento, 69 seggi), formazioni entrambe decisamente pro Europa, di garantire alla prossima legislatura un assetto favorevole al percorso di integrazione. I veri vincitori della tornata sono proprio loro Verdi e liberali e questo fornisce buone speranze per la prosecuzione di un cammino unitario, messo in forse dalle forze sovraniste. Queste ultime segnano qualche punto a favore ma, come era prevedibile, non sfondano, nonostante l’exploit di Fidetz la formazione ungherese capitanata dal premier Viktor Orban (partito che peraltro si collocxa nel Ppe), il buon risultato del Rassemblement nazionale di Marine Le Pen in Francia e il balzo in avanti della Lega, di Matteo Salvini.

In Italia la Lega si attesta al 34 per cento, divenendo il primo partito del Paese. Recupera, rispetto alle politiche dell’anno scorso il Partito democratico, mentre il M5S si trova in caduta libera. Staremo a vedere se vi saranno o meno ripercussioni sulla tenuta del governo. In Francia, come dicevamo prima, i nazionalisti della Le Pen balzano in testa con il 23 per cento, un punto in più dei Repubblicani in marcia del presidente Emmanuel Macron, formazione che, tutto sommato, mostra una sua tenuta. Crollo sia dei liberal-gollisti che dei socialisti, le due colonne della Quinta repubblica continuano a perdere voti, in una crisi che, per ora, sembra non avere fine.

In Germania la Cdu-Csu della cancelliera Angela Merkel, si conferma forza trainante con il 28 per cento, mentre in seconda posizione, col 20 per cento si collocano i Verdi, ormai forza di governo a tutto tondo. Sconfitti i socialdemocratici che, forse, pagano il loro apporto alla Grande coalizione, mentre l’estrema destra di Alternativa per la Germania viene confinata ai margini dell’arena politica. I popolari vincono anche in Austria, con il cancelliere Sebastian Kurz, premiato per la fermezza mostrata nei confronti dell’estrema destra.

In attesa della Brexit (ultima data utile il 31 ottobre), a Londra si registra il successo dei nazionalisti di Nigel Farage che, a scrutini ancora da ultimare, pare avere raggiunto il 30 per cento. Al minimo storico invece i conservatori, quotati sotto il 10, e i laburisti che raggiungono a malapena il 15. La linea europeista in Gran Bretagna è passata invece ai liberali che diventano il secondo partito.

Prosegue in Spagna la luna di miele del Partito socialista con l’elettorato. Dopo la vittoria alle politiche arriva anche il successo alle europee che vedono il Psoe attorno al 30 per cento, mentre i popolari sembrano recuperare qualcosa, collocandosi al 20 per cento e superando i centristi di Ciudadanos. Deludente la prova di Vox, l’estrema destra spagnola attestata sul 6-7 per cento. Da notare che l’ex presidente della Generalitat catalana, Carlos Puigdemont, ricercato alla polizia spagnola per ribellione contro lo Stato, è stato eletto a Strasburgo e godrà quindi dell’immunità parlamentare.

E’ troppo presto per capire quali saranno i futuri equilibri del prossimo Europarlamento, anche in termini – cosa molto importante – di distribuzione delle diverse cariche, ma è chiaro che i cittadini europei hanno concesso una nuova prova di appello all’Unione europea. Sconfitti popolari e socialisti, adesso la palla passa anche a Verdi e liberali che dovranno – tutti almeno lo speriamo – dare nuova linfa nuova al progetto europeo. Molte le cose da fare e se ne è parlato diffusamente un po’ su tutti i giornali: armonizzazione fiscale, irrobustimento del bilancio comune, quota investimentoi per le infrastrutture scorporata dal famigerato 3 per cento tra deficit e Pil. Poi c’è la questione migranti, vera spinra nel fianco di un’Europa che deve imparare a marciare in maniera solidale, altrimenti non verrà mai capo di questo problema che rappresenta qualcosa di epocale e che chiama in causa guerre, terrorismo e squilibri economici di ogni genere. Tema decisivo però dovrà essere la transazione ecologia. A chiederlo è la situazione stessa dell’ambiente e del clima che non ammette più ritardi o ripensamenti. Occorre porre le basi, già nei prossimi cinque anni, dell’Europa verde: la sola che può garantirci un futuro.

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